[Dialogante 2] Stiamo girando intorno all’argomento
annunciato come vespa intorno a un pezzo di carne. È ora che lo affrontiamo – l’argomento,
non il pezzo di carne – , anche se, come sempre, non ne abbiamo la necessaria
competenza pur ritrovandoci nel cranio un cervello di medie dimensioni e
prestazioni
[Dialogante 1] Cominciamo con l’identificare l’argomento
tramite il termine generalmente creato per esso: il Disegno intelligente. Questo termine sta un po’ alla volta
sostituendo, presso gli avversari dell’evoluzionismo, l’altro, ormai fuori
moda: ‘creazionismo’ (quello del vecchio barbuto per intenderci).
[Dialogante 2] Nella nuova dizione manca qualsiasi
riferimento diretto ad un ‘creatore’. Si parla impersonalmente di un ‘disegno’
senza mai nominare un ‘disegnatore’.
[Dialogante 1] E fin qui possiamo anche dirci d’accordo.
Quello che infastidiva in precedenza era l’umanizzazione dell’atto creativo che
ci riportava indietro ai tempi di Senofane di Colofone (V secolo A.C.) che
criticava i suoi contemporanei per aver pensato gli dei in sembianze umane, da
cui conseguirebbe che i cavalli li pensano in sembianze equine.
[Dialogante 2] Un vistoso resto di umanizzazione si trova
comunque nell’aggettivo ‘intelligente’. Perché il ‘disegno’ dell’universo
dovrebbe essere ‘intelligente’?
[Dialogante 1] Perché noi lo possiamo capire.
[Dialogante 2] E perché lo dovremmo capire? In sottofondo
resta inespressa l’ipotesi che qualcuno avrebbe fatto il mondo così com’è per farcelo
capire.
[Dialogante 1] Ma noi non lo capiamo affatto, o meglio
cerchiamo solo di capire l’immagine che volta per volta ce ne facciamo.
[Dialogante 2] Oppure, se mai lo capiamo, è perché siamo
fatti come lui, siamo dalla stessa parte.
[Dialogante 1] Ritengo però poco probabile che la nostra
comprensione aggiunga noi e lui, a meno che l’essere non si identifichi con il
conoscere.
[Dialogante 2] Anche questa è una vecchia ipotesi, avanzata
più di quarant’anni fa in Musica-società[1],
ma poi non più inseguita.
[Dialogante 1] ‘Intelligente’ potrebbe voler dire
semplicemente che vi riconosciamo una qualità che lo accomuna a noi, così come
ci accomuna la materia di cui siamo fatti.
[Dialogante 2] Tu parli dell’universo, mentre il tema è il ‘disegno’. E un ‘disegno
intelligente’ dev’esserlo stato fin dall’inizio; i disegni o lo sono o non lo
sono. Non ‘evolvono’ verso l’intelligenza.
[Dialogante 1] Vuoi dire che l’ipotesi è statica come quando
si credeva che le specie animali fossero state create come le vediamo oggi,
immutabili nel tempo, e che quelle che non si trovano più – di gran lunga la
maggioranza – , fossero semplicemente estinte senza lasciar una discendenza.
[Dialogante 2] Quindi l’intelligenza sarebbe un a priori dell’essere, distribuito a caso
tra le sue varie forme. Mi sembra impossibile che degli esseri che, a detta
loro, l’avrebbero ricevuta in dote – parlo dell’intelligenza – , non sappiano
vederne anzitutto la modalità e la condannino all’immutabilità di un a priori.
[Dialogante 1] Ma hai mai pensato che una certa dose di immobilismo
ce l’hai anche tu?
[Dialogante 2] E in che cosa ce l’avrei?
[Dialogante 1] Nel fatto che non riesci a leggere dietro la
formula del disegno intelligente altro da ciò che le parole strettamente
significano. Una lettura metaforicamente più disponibile avvicinerebbe forse
quella forma a un modo di pensare affine al nostro.
[Dialogante 2] Spiegati meglio.
[Dialogante 1] Supponiamo che, come esistono molteplici
forme animali diverse fra di loro – e su questo punto non possiamo che
convenire – , esistano forme di intelligenza anch’esse intelligenti, senza che
tra loro ci sia un legame genetico (e fin qui potrebbe esserci l’accordo). L’espressione
‘disegno intelligente’ potrebbe quindi definirsi cumulativamente a vari tipi di
intelligenza. Non si vorrebbe in sostanza dire altro che l’essere,
parallelamente alle sue manifestazioni, diciamo così, ‘materiali’, altre ne
esibisce che potremmo attribuire a una polimorfa qualità che chiameremmo ‘intelligenza’.
E la parola ‘disegno’ potrebbe indicare l’universo nella sua parmenidea,
immutabile alterità.
[1] Vedi
n. 266,
pag. 131 sg. (in tedesco), in [1] Musica-società nel Volume
I – Prodromi delle Indagini
metaculturali.
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