[Dialogante 1] Fatti e immagini che ricordiamo spesso non
sono nostri personali, ma comuni a più persone, a interi popoli.
[Dialogante 2] Anzi su questi ‘ricordi’ fondano addirittura
la loro identità.
[Dialogante 1] Perché rilevi la parola ‘ricordi’? Come si ci
avessi messo le virgolette?
[Dialogante 2] Perché pochi o nessuno se li ricorda
singolarmente, ma fanno parte di una memoria collettiva…
[Dialogante 1] … come la storia di Ercole e del leone di
Menea da lui ucciso a mani nude nella prima della sue “dodici fatiche”…
[Dialogante 2] … dopo di che girava sempre vestito dalla leonté, la pelle del leone, forse per
non dimenticare di averlo fatto.
[Dialogante 1] I posteri tuttavia non l’hanno dimenticato,
per secoli, visto che l’iconografia di Ercole ce lo rappresenta sempre con la leonté.
[Dialogante 2] La forza del mito è tale che tutti se lo
ricordino, anche senza che vi siano testimonianze dirette…
[Dialogante 1] … mentre non di rado ci dimentichiamo perfino
delle cose di cui noi stessi siamo stati testimoni.
[Dialogante 2] Probabilmente il mito, a differenza della
memoria testimoniata, è una costruzione più o meno arbitraria, il cui scopo non
è un’attestazione di verità, ma il rafforzamento di un potere.
[Dialogante 1] Lo stesso vale per le religioni.
[Dialogante 2] Vi sono però anche memorie documentate da
oggetti, edifici…
[Dialogante 1] … o altre, stabilmente insediate nella nostra
mente con dovizia di particolari.
[Dialogante 2] Sapresti estrarmene una che ritieni
particolarmente stabile?
[Dialogante 1] Certamente!
[Dialogante 2] Bene, raccontacela!
[Dialogante 1] ……… così, sul momento non ricordo………
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