[Dialogante 1] Sono sempre in dubbio se mantenere per questi postini (ché di postini si tratta in fin dei conti)
la metafora tratte, scelta senza
troppa convinzione e mantenuta con scarsa fedeltà.
[Dialogante 2] La questione
del nome da dare a queste osservazioni sparse mi sembra di poca o nessuna
importanza.
[Dialogante 1] L’importanza
è oggettivamente nulla, ma soggettivamente posso dire che il termine ‘postini’,
proprio per il suo spostamento di significato, mi diverte più che non tratte, il cui referente viario è per giunta
piuttosto labile.
[Dialogante 2] Ma, se non
sei convinto, perché non mantieni la dizione postini, che evidentemente ti
piace di più?
[Dialogante 1] Di postini
ce n’è già troppi, più di seicento, e poi mi attirava l’idea di riprendere il
concetto di ‘rete’, già sperimentato nei nodi e nelle metaparole.
[Dialogante 2] Da quel che
vedo, tuttavia, in queste tratte questa ‘rete’ gioca un ruolo assai meno
evidente che negli altri due casi.
[Dialogante 1] Sono proprio queste considerazioni che mi
fanno dubbioso.
[Dialogante 2] Ti lascio allora ai tuoi dubbi, non però
senza invitarti a riflettere sulla funzione del titolo nella composizione di un
libro.
[Dialogante 1] Non avendo io scritto libri di
intrattenimento, per i quali il titolo ha soprattutto la funzione di attirare
la curiosità del lettore, non ho mai avuto difficoltà a trovarne uno che
chiarisse per sommi capi il contenuto. Nei pochi casi in cui un contenuto ‘di
fantasia’ richiedeva un titolo di altrettanta fantasia, come ne Il
lago delle storie riflesse, ho semplicemente preso il nome di una delle
storielle. Altre volte ho utilizzato titoli niente affatto di fantasia e per
nulla attraenti, inusuali però al di fuori di specifici contesti: Parabole,
Epistole
politiche. Solo di queste ‘tratte’ non sono per nulla soddisfatto.
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