[Dialogante 1] La parola
non mi spaventa: passiamo almeno metà della vita nell’anarchia, e non è la
peggiore. Voglio dire dei sogni cui nessuno comanda e che non comandano
nessuno. Quando la mente immagina, cioè crea immagini in piena autonomia,
seguendo solo le pulsioni dei nostri desideri, come dice Freud.
[Dialogante 2] Non sono del
tutto convinto di ciò che dice Freud, comunque concordo sul fatto che il sogno
sia il prodotto di una condizione anarchica del pensiero. Ma non solo il sogno;
anche da svegli perdiamo ogni tanto il controllo del pensiero, o vi rinunciamo
deliberatamente.
[Dialogante 1] Per non
parlare degli stati di semicoscienza indotti artificialmente dall’alcol o dalle
droghe…
[Dialogante 2] … o prodotti
più o meno naturalmente dagli stati di estasi o di creazione artistica…
[Dialogante 1] … anche se
in quest’ultimo caso sono più propenso a credere in un’iperattività che in un
addormentamento del cervello.
[Dialogante 2] Lo stato
anarchico è del tutto normale per la mente, per l’individuo e anche per la
collettività. Ne sono testimonianze, per il passato, i riti orgiastiche, le
grandi feste civili, certi manifestazioni teatrali o sportive, o, modernamente,
il Carnevale di Rio, le partite di calcio, alcuni raduni giovanili…
[Dialogante 1] … e
soprattutto, in ogni tempo, la guerra, vera valvola di sfogo per tutte le
tensioni: individuali e sociali, economiche e ideologiche, laiche e religiose.
[Dialogante 2] Pur se per
molti versi del tutto ‘naturali’, la condizione anarchica è facile preda del
suo contrario, il dominio o la subordinazione, a seconda di come lo si guarda.
Figlia della razione alla schiavitù, l’anarchia rischia in ogni momento la
capitolazione davanti a un qualsiasi potere che permetta la restaurazione dell’ordine.
[Dialogante 1] È qualcosa
di infinite volte verificato che pare si ripropone tale e quale a ogni passo
della historia magistra vitae (?).
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