venerdì 2 gennaio 2015

Tratta XXVII.2 – Facile preda del suo contrario



[Dialogante 1]  La parola non mi spaventa: passiamo almeno metà della vita nell’anarchia, e non è la peggiore. Voglio dire dei sogni cui nessuno comanda e che non comandano nessuno. Quando la mente immagina, cioè crea immagini in piena autonomia, seguendo solo le pulsioni dei nostri desideri, come dice Freud.
[Dialogante 2]  Non sono del tutto convinto di ciò che dice Freud, comunque concordo sul fatto che il sogno sia il prodotto di una condizione anarchica del pensiero. Ma non solo il sogno; anche da svegli perdiamo ogni tanto il controllo del pensiero, o vi rinunciamo deliberatamente.
[Dialogante 1]  Per non parlare degli stati di semicoscienza indotti artificialmente dall’alcol o dalle droghe…
[Dialogante 2]  … o prodotti più o meno naturalmente dagli stati di estasi o di creazione artistica…
[Dialogante 1]  … anche se in quest’ultimo caso sono più propenso a credere in un’iperattività che in un addormentamento del cervello.
[Dialogante 2]  Lo stato anarchico è del tutto normale per la mente, per l’individuo e anche per la collettività. Ne sono testimonianze, per il passato, i riti orgiastiche, le grandi feste civili, certi manifestazioni teatrali o sportive, o, modernamente, il Carnevale di Rio, le partite di calcio, alcuni raduni giovanili…
[Dialogante 1]  … e soprattutto, in ogni tempo, la guerra, vera valvola di sfogo per tutte le tensioni: individuali e sociali, economiche e ideologiche, laiche e religiose.
[Dialogante 2]  Pur se per molti versi del tutto ‘naturali’, la condizione anarchica è facile preda del suo contrario, il dominio o la subordinazione, a seconda di come lo si guarda. Figlia della razione alla schiavitù, l’anarchia rischia in ogni momento la capitolazione davanti a un qualsiasi potere che permetta la restaurazione dell’ordine.
[Dialogante 1]  È qualcosa di infinite volte verificato che pare si ripropone tale e quale a ogni passo della historia magistra vitae (?).

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