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L’estensione e la
forza attrattiva di IMC si manifestano –e questo è forse l’aspetto
culturalmente più produttivo– nei rapporti e nei parallelismi
interdisciplinari. Il concetto, anche questo oggi molto visitato, di
interdisciplinarità si limita troppo spesso agli aspetti fenomenici più
accidentali, quali la contemporaneità e la
somiglianza esteriore di certe manifestazioni. IMC merita comunque un’indagine
più approfondita che vada al di là dell’aspetto fenomenico e che tocchi se
possibile il nucleo strutturale del problema.
Consideriamo per esempio due
attività contenutisticamente e gestualmente così diverse come la produzione di
immagini e di suoni –diciamo pittura e musica– sia i prodotti che i modi di
produzione sembrerebbero non avere nulla in comune, tanto è vero che in nessuna
cultura le troviamo accomunate da una stessa specificità artigiana (un musico
non è un pittore se non per occasionale coincidenza). Se però osserviamo le
operazioni mentali sottostanti a quella attività, constateremo tante e tali
analogie da giustificare il termine ‘trasferibilità’ da noi adottato a
significare il possibile passaggio di determinate modalità
analitico-compositive da un materiale compositivo, addirittura da un linguaggio
ad un altro. In alcuni casi il trasferimento è immediato, come quando sono in
gioco solo operazioni elementari (per esempio spaziali), in altri occorrono più
passaggi (per esempio da un linguaggio o da una grammatica ad un’altra). La
trasferibilità aiuta a comprendere il funzionamento primario del cervello, la
costruzione dei significati a partire dai primi costrutti sensoriali. I
trasferimenti non sono mai integrali così come le traduzioni non riproducono
mai esattamente i significati originari. Del resto anche le parole ripetute non
restano le stesse anche nel loro significato. I linguaggi vengono interpretati
come organismi in permanente trasformazione, cosicché una medesima espressione
non può che assumere valore locale, eventualmente da trasferire, con alcuni
cambiamenti, in contesti linguistici e situazionali diversi. Queste operazioni
vengono compiute dal cervello quasi automaticamente ma sotto il controllo,
anche questo automatico, di un superorganismo –la cultura– troppo spesso
irriflesso nella coscienza individuale. Così la trasferibilità subisce da un
lato il controllo della cultura, dall’altro controlla quest’ultima attraverso
proprio la trasferibilità. Questo va e vieni dei processi culturali è di per sé
stesso un meccanismo di stabilizzazione –attraverso l’instabilità– di cui
sarebbe bene fare un uso intensivo ed estensivo, soprattutto in un mondo, come
il nostro, in rapido cambiamento e a rischio di disfacimento.
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