Dalla serie "Waterpower" di Pierre Carreau
551 (8)
IMC è quindi
un’ipotesi per la democratizzazione dei linguaggi e quindi degli ‘stili di
pensiero’. Legando i giudizi e, in genere, le espressioni umane agli UCL, IMC
relativizza gli assoluti e ne permette l’associazione nel mondo; contribuisce
all’instaurarsi della pace, togliendo terra sotto i piedi all’aggressività
umana. Non la elimina di fatto, ma tenta di dirottarla su comportamenti
compatibili con la sopravvivenza. Con riferimento alla disciplina di mia
primaria competenza, trovo esemplari i casi di Beethoven e Bach –un
accoppiamento inusuale per la storia della musica– la cui aggressività, stando
alla loro musica, doveva essere eccezionale quanto la loro capacità di
sublimarla nell’azione compositiva. Possiamo interpretare questa azione come un
trasporto, una traduzione di energia da un comportamento distruttivo a uno
costruttivo. Qualcosa di simile accadrebbe quando, nel passaggio da un
atteggiamento culturale a uno metaculturale, l’investimento di energia rimanga
lo stesso, cambi però la modalità applicativa. In Bach la metaculturalità è per
così dire immanente alla sua produttività fin dall’inizio, segnato
dall’universalità dei suoi interessi non solo musicali; in Beethoven l’approdo
metaculturale si va profilando negli anni, per raggiungere la meta si direbbe
fuori da ogni limitazione culturale nelle ultime opere.
IMC non coincide
tuttavia né con extraculturalità né con la multiculturalità di cui oggi molto
si parla. Dalla prima si distingue per la presenza di tutti i tratti tipici di un
UCL, in una combinazione tuttavia inconsueta e ai margini per così dire della
loro tipicità. Dalla seconda, la multiculturalità, per la forte coesione di
questa molteplicità, al punto di costringerla come per interne forze molecolari
o nucleari a coesistere entro un medesimo contraddittorio campo.
Nessun commento:
Posta un commento