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Negli anni di
gestazione di IMC ricordo che ero molto occupato nella ricerca di quelli che
chiamavo criteri logici –o gestaltici– elementari. Non che mi illudessi di trovarli
come si trova un oggetto raro o perduto: non ho mai creduto in una loro
esistenza oggettiva; mi interessava soprattutto la loro costruzione mentale, il
modo cioè come la mente o, se si vuole, il cervello se li costruisce a proprio
uso e consumo. Non essendo io uno psicologo e non avendo sufficienti conoscenze
neurologiche e psichiatriche, mi sono ben presto arrestato in questa ricerca,
tanto più che di criteri logici elementari ne vedevo spuntare ogni giorno di
nuovi. Ne ho mantenuto quindi un certo numero di più immediata utilità – identità, opposizione (differenza), somiglianza…,
anche riserbandomi di costruirne degli altri ad hoc. Al loro posto mi sono affidato piuttosto al concetto di Universo Metaculturale e con questo
termine intendendo uno spazio potenzialmente comune a tutte le culture. Come si
è visto poi nel tempo, tale concetto è risultato poi di buona rilevanza per la
convivenza umana. Le indispensabili specificità locali vengono indicate con UCL
(Universi Culturali Locali) e
corrispondono al comune concetto di ‘cultura’, di cui mettono peraltro in
rilievo da un lato l’universalità (la validità cioè per ogni punto di
quell’universo), dall’altro la ‘località’ (la validità cioè soltanto
nell’ambito di questo). L’utilità politica di questo strumento analitico
consiste nell’assegnare a ogni nostra proposizione, quale che sia il linguaggio
che l’esprime, un ambito esclusivo di validità, fuori dal quale ogni giudizio
resta sospeso fin quando non si sia verificata l’appartenenza a quell’ambito. L’appartenenza di una proposizione a un
determinato UCL non implica alcun giudizio di valore così come l’appartenenza
di una parola alla lingua kikongo o tshiluba piuttosto che all’inglese non ne
pregiudica la validità espressiva. Tutt’al più si potrà discutere della sua
diffusione nel mondo.
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