giovedì 30 agosto 2012

Volontariato


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In una trasmissione televisiva –ma non è importante quale, visto che l’argomento è sempre all’ordine del giorno– si discuteva dell’odierna situazione lavorativa con migliaia di disoccupati, migliaia di cassintegrati, altre migliaia in attesa di licenziamento. Unica luce in tanta oscurità, il volontariato che in Italia sembra funzionare benissimo, anche perché fortemente sostenuto dalla chiesa e dalla carità cristiana in genere.
Poiché anche noi, Paola ed io, svolgiamo da vari anni un’attività formativa non remunerata, la mia prima reazione è stata positiva: ecco chi alla lunga ci tirerà fuori dal tunnel della disoccupazione! Poi ho riflettuto – qualcuno mi ha fatto riflettere. Il volontariato va nella stessa direzione di coloro che il lavoro non lo pagano ma lo sfruttano, è più dannoso che benefico. Infatti:
-        toglie le castagne dal fuoco a chi ha l’effettiva responsabilità della situazione di dissesto economico
-        lega a se i beneficiati e li tiene sotto ricatto morale
-        sottovaluta il lavoro a fronte del capitale
-        favorisce il lavoro non pagato e, così facendo contrasta un naturale diritto del lavoratore
-        sovverte l’equilibrio sociale.
Diverso è il caso, come quello mio e di Paola, in cui il lavoro offerto gratuitamente
-        è compensato da una remunerazione procapite ad altro titolo e sufficiente al fabbisogno familiare
-        è svolto a fini di ricerca e sperimentazione sociale
-        non costituisce in alcun modo un rapporto del tipo carità-gratitudine
-        tutt’al più risponde a un’esigenza di giustizia sociale.

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