giovedì 2 agosto 2012

Il sogno americano

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Oggi è abbastanza facile criticare e perfino ridicolizzare il ‘sogno americano’ –che sarebbe più giusto chiamare ‘sogno euroasiatico’ perché i suoi primi sognatori sono stati soprattutto derelitti europei ed asiatici– , ma per comprenderlo nella sua vastità e nelle sue motivazioni bisogna rifarsi alle condizioni ancora quasi feudali in cui si dibattono tra guerre ed oppressioni le popolazioni del ‘Vecchio Mondo’. La parola ‘libertà’, oggi usurata fin quasi all’insignificanza, era, ed in parte ancora è, fisicamente rappresentata dagli immensi territori a oriente delle Montagne rocciose, aperti allo sfruttamento agricolo, minerario ed industriale. Perché questo sfruttamento si realizzasse e producesse ricchezze e benessere occorrevano lavoro, intraprendenza e una buona dose di prepotenza che gli immigrati si portavano dietro dai loro paesi di origine. È bene infatti ricordare che in quegli immensi territori c’era già chi ci viveva, uomini e animali, ma questa è un’altra storia…
In tempi più recenti il ‘sogno americano’ si è incanalato per altre vie. A una prima avvisaglia di intolleranza ‘ecologica’ –avvisaglia che, come tutto in America, acquistò subito dimensioni critiche– il grande sogno reagì approfittando della follia scatenatasi in Europa, follia che gli aprì le strade dell’intervenzione armata, percorsa con un successo economico anche se con una serie di insuccessi militari fino ai giorni nostri. La ‘libertà’ che un tempo salutava –in effige e in prospettiva– gli immigrati in arrivo al porto di New York, ora stava diventando, per una buona parte della popolazione mondiale, un simbolo di prepotenza non più tollerabile. Costretto a difendersi, il ‘sogno americano’ attacca, ma i suoi attacchi, nonché rafforzarlo, lo indeboliscono, lo costringono, per sopravvivere, alla violenza, all’assassinio. Nel frattempo un’altra via gli si è aperta: internet e l’industria informatica, in larga parte dominata dall’iniziativa americana, stavano costruendo una nuova forma di egemonia, assai più insidiosa di quella costruita con le armi: l’egemonia mediatica, capace di agire direttamente sui cervelli, formandoli su modelli di crescita ecologicamente e socialmente insostenibili. Se questi modelli, come fanno, attecchiscono a livello mondiale, c’è da domandarsi chi è il beneficiario. Certo non la vecchia statua che la Rivoluzione francese ha regalato alla nazione americana, né l’umanità intera o la vita sulla terra –le quali anzi cominciano ad accorgersi della regressione mentale che accompagna il progresso tecnologico– ma, banalmente, la nuova classe dei super ricchi, che ha sostituito quella eroica dei pionieri. Ne sappiamo qualcosa anche noi italiani che i pionieri neppure li abbiamo conosciuti.

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