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La
situazione economica è quella che è, ed è profondamente ingiusto attribuirne la
responsabilità a questa o quella persona o classe sociale o forma di governo. I
meccanismi che determinano queste situazioni sono fuori della portata del
singolo e dei gruppi umani, e hanno una dimensione statistica più che puntuale.
Sottostanno alle leggi dei grandi numeri e queste le possiamo tutt’al più
conoscere, non modificare.
Non
mi meraviglierei se qualche difensore dei grandi numeri –nel portafoglio di
pochi– adduca argomenti del genere per due ragioni della forma del mondo. Non c’è
nulla di ineluttabile nella sperequazione che costringe alla povertà una così
grande parte della popolazione mondiale, nessuna legge matematica che
giustifichi un tale stato di fatto. C’è solo l’avidità di singoli individui e
il suo contagio, esteso a interi stati sociali, convinti del diritto di nascita
ad ‘avere’ senza la contropartita del ‘dare’. Credevamo che col tramonto del
feudalesimo fosse tramontato anche quel tipo di distribuzione della ricchezza,
tanto più che, con il progredire delle tecniche da sfruttamento a produzione, l’emergente
borghesia avrebbe potuto eliminare fame e povertà senza pregiudizio per il
proprio stato economico. Le molte crisi ricorrenti, i profondi squilibri
economici che è la permanente rincorsa ad avere ha prodotto all’interno della
nostra specie e all’intero mondo dei viventi ci stesse portando a rovina senza
che noi, potendo, facciamo nulla per evitarla. La scandalosa e infame ricchezza
che alcuni addirittura sventolano sotto il naso di chi non ha nulla, la
stupidità indotta in coloro che li considerano modelli da evitare a scapito di
altri nullatenenti, la devastante riproposizione dello stesso rapporto tutto-niente
a livello di intere popolazioni, infine l’ascesa tumultuosa e inarrestabile di
altre popolazioni, analoga al ‘successo’ dell’imprenditore più abile sulla
concorrenza: tutto questo non può più essere e sappiamo bene il perché.
Non può tuttavia scomparire da un giorno all’altro in una fornace atomica. La
decostruzione non dovrà quindi che lenta e graduale, sostituita punto per punto
da altri modelli di convivenza planetaria.
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