I nostri
vicini di casa, quelli le cui condizioni di vita potrebbero essere le nostre
solo che il vento soffiasse da un’altra direzione? O anche le condizioni di
chi vive una realtà profondamente diversa, per noi addirittura impensabile?
Un boscimano o un aborigeno della Nuova Guinea lo
pensiamo molto meno sensibile alle privazioni che un newyorchese, un
parigino; o un clochard più
resistente al freddo di un abitante dei ‘quartieri alti’. Ci fa comodo
pensarlo, e il mondo degli affamati non raggiunge quasi mai gli inquilini
della porta accanto. Sappiamo, anche per averli visti in televisione, che a
qualche miliardo di chilometri da noi uomini e donne come noi non sanno che
cosa dar da mangiare domani ai loro figli. Sappiamo anche le migliaia di
chilometri non sono nulla sul nostro minuscolo pianeta, men che nulla per le
nostre capacità di comunicare a distanza. Eppure, quando si parla di umanità,
questa sembra decrescere con la distanza, non tanto chilometrica, facilmente
superabile, quanto culturale, e allora può capitare che l’extracomunitario
badante in casa nostra ci sia più lontano e, forse, più affamato di suo
fratello rimasto in Tasmania.
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martedì 7 agosto 2012
Quali affamati?
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