mercoledì 31 agosto 2011

Discontinuità intuitive

[189]
Non si esclude la possibilità di una soluzione intuitiva che scavalchi d’un sol colpo tutti i livelli, come è accaduto per ben due volte ad Einstein con la teoria della relatività ristretta prima, poi con quella della relatività generale.
In ambedue i casi la risoluzione ha richiesto, come lui stesso ha detto, un cambiamento nel modo di pensare, una discontinuità metodologica difficilmente ottenibile per via analitico-compositiva. La caratteristica di queste discontinuità intuitive è che appaiono ovvie una volta intuite, mentre non erano sospettabili il giorno prima.

martedì 30 agosto 2011

Nota per l'uso scolastico dei postini "Come salvare l'umanità" e "Come salvare la terra"

[184]
Sollevano questioni almeno in parte accessibili anche a un ragazzo delle elementari. Se in qualche caso non lo fossero, provvederà l’insegnante alle opportune integrazioni.
Qualche insegnante considererà questi dialoghi troppo politicizzati, quindi inadatti all’età dei ragazzi. Credo però che sarebbe ancora più politicizzante tenerli all’oscuro dei problemi che riguardano o riguarderanno anche loro.
Questi minidialoghi si prestano anche a una lettura drammatizzata. Un primo lavoro potrebbe essere quello di distribuire il testo tra gli alunni che lo dovranno recitare. Questa distribuzione potrà essere curata dall’insegnante o –meglio– decisa dai ragazzi stessi, che ovviamente dovranno leggere preventivamente i testi, valutarli e discuterne l’assegnazione.
Anche la lettura dialogata richiede qualche attenzione,
- anzitutto la comprensione del testo (insegnante!),
- quindi una lettura che riveli questa comprensione e la comunichi ad altri (dizione chiara e precisa!),
- infine dei ‘tempi di recitazione’ che imitino una normale conversazione (prove! eventualmente registrate e riascoltate).

lunedì 29 agosto 2011

Come salvare la terra (e dialogo 10)

[183]
  • Ieri è stato detto da qualcuno che la sopravvivenza non dipende da noi, ma dalle nostre culture.
  • Quindi non da una in particolare, ma da tutte. Questo vuol dire, per chi pensa così
– o che su questo punto l’una vale l’altra
– o che è il concetto stesso di ‘cultura’ a non funzionare.
  • Forse c’è una terza interpretazione possibile: che tutte le culture possano funzionare a patto di non essere considerate l’unica buona, tanto da imporla agli altri.
  • Non credo che la condizione sia sufficiente. Può darsi il caso che una cultura sia più adatta di un’altra a risolvere i problemi del momento…
  • … ma chi dovrebbe decidere che è così?
  • In democrazia decide la maggioranza.
  • E se la maggioranza, come tante volte è accaduto, fa una scelta che poi si dimostra sbagliata?
  • Occorrono dei meccanismi correttivi…
  • … che però dovrebbero scattare in tempo utile…
  • … utile per che cosa?
  • Per prevenire una catastrofe.
  • Il guaio è che non sappiamo quando scade questo ‘tempo utile’.
  • E ci sono molte forze economiche e politiche che speculano su questa incertezza per fare gli affari loro.
  • Che vuoi dire?
  • Che per esempio un gruppo di potere abbastanza forte riesca a convincere una popolazione impreparata che il suo modello di sviluppo è il migliore, il ‘tempo utile’ per prevenire una catastrofe tende a contrarsi fino a sparire.
  • Alludi al comunismo?
  • No, quello si è fatto da parte giusto in tempo. Alludo al capitalismo, che invece imperversa come non mai.
  • Perché dici ‘imperversa’, se conviene a tutti?
  • Chiedilo agli africani, alle popolazioni povere dell’Asia, dell’America meridionale e oggi anche ai lavoratori europei e nordamericani che in numero crescente perdono il posto di lavoro.
  • Ma allora? Comunismo no, capitalismo nemmeno…
  • La specie umana manca di fantasia?
  • Forse qualcosa le impedisce di esercitarla.
  • E che cosa?
  • La banalità del welfare.

domenica 28 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 9)

[182]
  • Ho letto che fra 250.000.000 di anni gli attuali continenti si saranno nuovamente riuniti a formare una Pangea simile a quella che c’è stata nel Permiano.
  • Ho buone ragioni per credere che la cosa non ci riguarda…
  • … e, seppure qualcosa di simile a noi dovesse esserci…
  • … magari in forma di microorganismi superintelligenti…
  • … o di esseri giganteschi totalmente istupiditi dalle telecomunicazioni…
  • … questo qualcuno o qualcosa dovrebbe trovarsi sparso per l’universo quasi polvere cosmica…
  • … o nebulosa di antimateria…
  • Basta colle cavolate! Domandiamoci invece se fra 100 anni ci saremo ancora!
  • E perché non dovremmo? Per questo periodo non sono previsti scontri con asteroidi.
  • No, ma una terza guerra mondiale, se non probabile, è sempre possibile.
  • Dipende da noi!
  • Purtroppo no!
  • Se continuiamo a pensare come pensiamo adesso, la sopravvivenza non è in mano nostra, ma delle nostre culture.

sabato 27 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 8)

[181]
  • Cerchiamo di essere realisti! Mentre siamo perfettamente in grado di agire negativamente sul nostro pianeta, molto meno lo siamo in senso positivo.
  • Nell’un caso come nell’altro la nostra azione non può che limitarsi alla sua superficie…
  • …fino alla profondità dei giacimenti petroliferi o poco più…
  • … e anche entro questi limiti abbiamo forti difficoltà a controllare le conseguenze delle nostre azioni. Cernobyl e, di recente, l’esplosione di un pozzo petrolifero lo dimostrano.
  • E siamo sempre alla prima superficie della terra. Dire “salviamo la terra!” è solo una metafora per dire “salviamo noi stessi!”
  • Non sono così sicuro che, in tempi neppure troppo lunghi, saremo in grado, per esempio con una opportuna (o meglio, inopportuna) esplosione nucleare fuori dall’atmosfera, di modificare l’orbita terrestre, influendo anche sul movimento delle placche tectoniche.
  • Pura fantascienza…
  • … come, ancora agli inizi del secolo scorso, lo sbarco sulla luna.

venerdì 26 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 7)

[180]
  • L’altra volta abbiamo chiuso ancora una volta con la condanna delle religioni e delle ideologie…
  • … una condanna ‘ideologica’?
  • Certamente! Dalle ideologie non si scappa.
  • Qualsiasi affermazione diventa ‘ideologica’ se non tollera di essere contraddetta.
  • Sei convinto di ciò che dici?
  • Sì, e non credo mi si possa contraddire… oh, scusa! … dammi pure del cretino! Hai ragione: dalle ideologie non si scappa!
  • Eppure si può! Basta pensare, riflettere con la propria testa!
  • E così riusciremmo a salvare il nostro pianeta solo se pensassimo con la nostra testa…
  • … sì, ma dopo che l’abbiamo rifornita di tutte le informazioni necessarie…
  • Ma come facciamo a ripulirla di tutte le ideologie che si portano appresso?
  • Dovremo abituarci a distinguere un qualsiasi enunciato dalla sua ‘griglia ideologica’…
  • … senza però demonizzare neppure quella.

giovedì 25 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 6)

[179]
  • Riprendiamo il discorso sulla terra, su come salvarla…
  • … a chi lo dici…
  • Lo dici col punto interrogativo o esclamativo?
  • Fa un po’ tu…
  • Ragazzi, siamo seri. Ne va della vita, anche nostra!
  • Sì, ma noi non possiamo fare altro che chiacchierare…
  • … mentre altri decidono per noi.
  • Perché, vorresti essere tu a decidere per gli altri?
  • No, ma ciascuno per sé…
  • … cioè 6.000.000.000 di decisioni diverse?
  • Abbiamo divagato di nuovo dal discorso sulla terra a quello sulla democrazia.
  • Ma proprio un discorso su noi e il rapporto con il nostro pianeta, chi lo dovrebbe fare se non noi stessi, tutti, quanti siamo, senza eccezioni. Il problema di come conteggiare e valutare i vari pareri viene dopo…
  • … ma va impostato prima, altrimenti non ha nessun senso che ci esprimiamo.
  • Una cosa è certa: che un parere vale l’altro…
  • … anche se siamo tutti più o meno indottrinati, chi da una fede religiosa chi da una politica…
  • … chi semplicemente dalla fame o dall’ignoranza.
  • Forse sarebbe necessaria un’alfabetizzazione universale…
  • … penserei piuttosto a un addestramento universale al pensiero autonomo.
  • Credi sia possibile?
  • Sì, una volta sgomberato il campo dai ‘pensieri corretti’!
  • E quali sarebbero?
  • Le religioni e le ideologie.

mercoledì 24 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 5)


Fotografia di Pier Paolo Fusciani


[179]
  • Vedo che mi riesce difficile, in questa serie di postini, attenermi all'argomento proposto in apertura: 'salvare la terra'.
  • Per forza! Hai scelto la forma ‘aperta’ del dialogo, e i dialoghi vanno dove vogliono loro.
  • Già, ma questi sono dialoghi ‘fittizi’ e non si sa neppure quanti sono a dialogare, se cioè sono veri ‘dialoghi fittizi’, o conversazioni fittizie a più voci.
  • Probabilmente il cervello dialoga o conversa anche quando è solo…
  • … ‘individui plurimi’.

martedì 23 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 4)

[177]
  • Quindi, voi ritenete che, per salvare noi stessi, dobbiamo cominciare col salvare il nostro pianeta?
  • E da chi?
  • Da noi stessi, dalla nostra azione distruttrice.
  • Però per farlo dovremmo essere tutti d’accordo, e non lo siamo.
  • E come può essere che non lo siamo? Dovrebbe essere interesse di tutti conservare in buon ordine la casa che, oltre a ospitarci, ci dà anche da vivere.
  • Molti non credono nella nostra casa e noi stessi siamo in pericolo.
  • Eppure i sintomi sono evidenti!...
  • … per chi li vede…
  • … e noi vediamo solo ciò che vogliamo vedere.
  • Non sono gli occhi a vedere. Quelli non fanno che fornire delle immagini, che da sole non significano nulla, se non c’è un cervello che le interpreta.
  • È così anche per gli animali?
  • Certamente, ma il loro cervello li inganna molto meno che noi il nostro…
  • Ma che dici? Noi siamo molto più intelligenti degli animali!
  • Sappiamo forse ragionare meglio, ma un conto è ‘ragionare’, un altro è ‘capire’. Abbiamo ragionato per millenni sul moto degli astri e l’abbiamo capito solo ora.
  • E chi ti dice che l’abbiamo capito?
  • Gli astronomi!
  • Ma quelli c’erano anche prima e si sbagliavano.
  • Può darsi che si sbaglino anche oggi!
  • Che agenzia ci dànno sul fatto di avere ragione?
  • Nessuna di più che non avessimo ieri!
  • Certo che ce l’hanno! Gli strumenti di osservazione, che sono molto più potenti di quelli di ieri…
  • … ma molto meno di quelli di domani.
  • Ragazzi, così non si va da nessuna parte! Stiamo sempre parlando di ciò che vediamo, osserviamo con o senza strumenti, non di ciò che capiamo col cervello. Questo capiva questo, con i dati che possedeva.
  • Adesso sono io a non capire! Secondo voi c’è una verità per ogni insieme di dati, per me c’è una sola verità e si tratta di andarci il più vicino possibile.

lunedì 22 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 3)


[176]
  • La nostra discussione di ieri mi ha un poco spaventato …
  • Sarebbe bene ci spaventassimo un po' tutti ...
  • … e stessimo più attenti a ciò che facciamo soprattutto agli effetti che ne conseguono…
  • …per esempio quando costruiamo un’autostrada o trivelliamo un terreno in cerca di petrolio…
  • … oggi compariamo una macchina più grande e potente, che consuma e inquina di più.
  • Come mai, quando uno ci dice che consumiamo troppo, non si spaventa nessuno o forse qualcuno si spaventa, ma se ne dimentica subito?
  • Gli scienziati non se ne dimenticano e ce lo ricordano tutti giorni.
  • Noi però facciamo finta di niente…
  • … o meglio critichiamo l’umanità per come si comporta, e noi, singolarmente, facciamo peggio.
  • È colpa della mentalità consumistica alimentata dalla pubblicità…
  • … dall’idea della ricchezza, del benessere…
  • … della competizione per avere di più…
  • … anche se sappiamo tutti che la terra più di tanto non può dare e, se vogliamo il ‘di più’, non ci resta che toglierlo a chi ha di meno.
  • Ma è la terra stessa che comincia ad avere di meno. Già si parla per esempio di quando sarà finito il petrolio…
  • … o di quando il mare non darà più pesce a sufficienza… o le foreste non purificheranno più l’aria dei nostri prodotti di scarto.
  • Tutta roba che non ci riguarda più personalmente…
  • Giusto, che ci importa a noi degli altri e di chi verrà ‘dopo’?

domenica 21 agosto 2011

Come salvare la terra (dialogo 2)

[175]
  • Al pianeta come corpo celeste, a prescindere quindi dai suoi abitanti, non possiamo far nulla; è troppo grosso!
  • Eppure lo stiamo cambiando giorno per giorno!
  • E come?
  • Per esempio con la deforestazione: intere regioni stanno passando da un clima umido a uno secco, i fiumi si prosciugano e cambiano il loro corso…
  • … cambia il clima, cresce la temperatura, aumentano gli uragani, si sciolgono i ghiacci, cresce il livello dei mari è tra non molto cambierà la geografia della costa, intere città rischiano di scomparire…
  • … cambia la composizione dell’atmosfera, c’è il ‘buco dell’ozono’ che potrebbe, dicono, lasciar passare raggi dannosi…
  • … aumenta l’anidride carbonica… tutto per ‘colpa’ dell’uomo…
  • … io non parlerei di ‘colpa’, non è colpa nostra se esistiamo e lasciamo qualche traccia.
  • Direi più che qualche traccia…
  • Non sono le tracce a preoccupare, sono i guasti…
  • Forse sono inevitabili, visto che esistiamo. Tutti gli animali producono qualche danno: gli elefanti abbattono gli alberi, i bruchi li spogliano, i tarli rodono il legno e così via.
  • Ma poi la natura provvede alle riparazioni.
  • Allora lo farà anche per i danni prodotti da noi…
  • … solo che, mentre la natura ripara, noi danneggiamo a un ritmo molto maggiore di quanto lei possa riparare.
  • Quindi, secondo te, finiremo per distruggere tutto?
  • Sì, se non ci fermiamo in tempo.
  • Ma quando scade il tempo?
  • Non so, forse è già scaduto.

venerdì 19 agosto 2011

Come salvare la terra (10 postini in forma di dialogo per le scuole)

[174]
[Un gruppo di ragazzi –gli stessi dei postini precedenti, ma cresciuti– si incontra quotidianamente a discutere questo problema. Noi seguiremo per qualche tempo le loro discussioni.]
  • Ti ricordi quando parlavamo di come salvare l'umanità?
  • Certo, e che dobbiamo ricominciare?
  • No, dobbiamo pensare a come salvare la terra?
  • Eh no! Noi non siamo la terra…
  • Siamo solo quelli che ci abitano…
  • … e neppure tutti, anzi solo una piccola parte.
  • Già: cani, gatti… mia nonna ha due canarini…
  • … insomma, gli animali. Ma noi uomini siamo di più!
  • Che dici? Pensa solo alle formiche, alle mosche…
  • … mica poi tante…
  • … ma sempre molte, più di noi!
  • Ma neppure loro sono la ‘terra’!
  • Tutto insieme: il pianeta ‘terra’ e i suoi abitanti.
  • Insetti compresi?
  • Sì, e anche i microbi.

giovedì 18 agosto 2011

Come salvare l'umanità (e minidialogo 10)

[173]
  • Quindi, siamo messi male…
  • … e domani sarà peggio…
  • … se non cambiamo modo di vivere...
  • … è soprattutto di pensare…
  • Ma ormai ci hanno abituato a pensare in un certo modo.
  • E chi ci ha abituato?
  • La famiglia, la scuola, tutti…
  • … e allora dobbiamo cambiare di testa nostra!
  • Ma come?
  • Non sappiamo ancora. Ma leggendo, osservando, studiando…
  • … soprattutto pensando, forse una via di uscita si trova.
  • Dovremmo metterci d’accordo tutti quanti. Oggi è possibile con internet.
  • Per prima cosa dovremmo imparare a usare bene il computer.
  • Che vuol dire: ‘bene’?
  • Voglio dire: per parlare, discutere seriamente e non solo per ciattare, giocare…
  • … ma questa è roba da grandi!
  • … A me, però, non mi va di crescere!
  • Eppure non puoi farne a meno. Credo che tutta l’umanità dovrà imparare a crescere, se vuole sopravvivere.

martedì 16 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 9)

[172]
  • Ho pensato alla faccenda dei consumi. Secondo me bisogna:
a) Sapere quanto possiamo inquinare senza pericolo per la salute.
b) Ridurre l’inquinamento, cioè la produzione, cioè il consumo, cominciando da quelli che consumano, cioè spendono, cioè guadagnano di più.
c) Siccome nessuno vorrà ammettere di guadagnare e di spendere troppo, si dovrebbero fare delle leggi che lo costringano.
  • Bella roba! Io non ci vorrei vivere in uno stato che ti costringe a fare come vuole lui!
  • Non come vuole lui, ma come è necessario per sopravvivere.
  • Credo che basterebbe che ognuno di noi capisse che non è più possibile andare avanti producendo, consumando e inquinando come stiamo facendo e tutto si risolverebbe da sé.
  • Forse non tutto…
  • Forse anche non tutti capiremmo allo stesso modo…
  • Certo, delle leggi per ridurre consumi e guadagni ci vogliono, ma più ancora ci vuole che capiamo bene la situazione in cui ci troviamo adesso.

lunedì 15 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 8)

[171]
  • Quindi, se ho ben capito, per produrre energia, bruciamo il petrolio…
  • … e così facendo, inquiniamo l'aria, perché il petrolio bruciato non serve più per respirare…
  • … e finiremmo per morire asfissiati.
  • E allora, che si fa?
  • Comincerei col consumare meno energia…
  • … ma quella ci serve per produrre tutto il resto!
  • E allora produciamo di meno…
  • … limitiamoci all’essenziale…
  • … ma l’essenziale per me non è l’essenziale per te.
  • … e alla fine il consumo resta quello che è.
  • Bisognerebbe produrre energia senza bruciare il petrolio.
  • Lo si fa già da tempo, con l’acqua delle cascate, col vento che fa girare i mulini, ma non basta…
  • C’è poi l’energia atomica, ma non so bene cos’è.
  • Dicono però che sia molto pericoloso produrla.
  • Forse non più che bruciando il petrolio.
  • Non ci resta che ridurre i consumi, anche quelli che ci sembrano essenziali.
  • Ma quelli che già consumano poco, come fanno a ridurli?

domenica 14 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 7)

[170]
  • La terra, una pattumiera? Ma che dici?
  • Hai un'idea di quanti rifiuti produciamo in un giorno?
  • Ma non possiamo smettere di mangiare.
  • Non sono quelli, i rifiuti organici, quelli dannosi. Quelli ci pensa la natura a distruggerli, per esempio con gli scarabei stercorari, che si nutrono di sterco…
  • … e ne producono dell’altro…
  • Che però serve alla pianta, e tu te lo rimangi sotto forma di mela.
  • È tutto un giro, il ‘ciclo biologico’…
  • … finché non arriva il sacchetto di plastica o il bidone di catrame che non li mangia nessuno.
  • Mi hanno detto che da qualche parte nell’oceano c’è un enorme isola di sacchetti di plastica, portati lì dalle correnti marine, un gigantesco immondezzaio.
  • E noi che possiamo farci?
  • Intanto non usare sacchetti di plastica, ma di carta o, comunque, di materia riciclabile…
  • … che vuol dire riciclabile?
  • Che si può riutilizzare, dopo che è stata trattata in un certo modo.
  • E il bidone di catrame?
  • Il catrame è una specie di petrolio…
  • Peggio ancora! Quello ci sta avvelenando tutti…
  • Sì, ma ne ricavano la benzina, che ci serve per andare in macchina… e per produrre l’elettricità, che serve a tutto!
  • Questo è il guaio! Oggi il petrolio serve per ogni cosa.
  • Come fa a servirci? mica lo beviamo!
  • No, lo bruciamo, perché ciò che ci serve in realtà è il calore…
  • … o meglio l’energia.
  • Il calore e la energia sono la stessa cosa?
  • Credo che sia una faccenda un po’ complicata…
  • Io so che il calore è una forma di energia, ma ce ne sono delle altre: l’energia meccanica, l’energia elettrica…

sabato 13 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 6)

[169]
  • Mi hanno detto che le cose si mettono male per noi uomini.
  • Se è per questo, si mettono male per tutti gli animali.
  • Chi te l’ha detto?
  • Si sa, lo dicono tutti, c’è su tutte le riviste scientifiche.
  • Ma quelle chi le legge?
  • Bravo furbo, così un giorno ti arriva un meteorite in testa che manco te ne accorgi, eppure te l’avevano detto!
  • Quando arriva, sai che me ne frega che me l’avevano detto!
  • Quando arriva no, ma se le cose le sappiamo in anticipo, possiamo evitarle.
  • Per esempio ci dicono che siamo in troppi.
  • E allora che facciamo, ci ammazziamo uno sì è uno no?
  • Non diciamo sciocchezze! Questo lo facevamo un giorno con le guerre…
  • … e ci pensava pure la natura con le malattie, le epidemie!
  • Oggi però con i progressi della medicina, si muore di meno.
  • No, si muore tutti lo stesso, ma si vive più a lungo…
  • … e quindi il numero dei vivi aumenta di continuo.
  • Allora bisogna diminuire il numero delle nascite.
  • Così ci dicono gli scienziati…
  • … ma altri dicono che dobbiamo continuare a moltiplicarci, come vuole la bibbia…
  • Ma la terra è piccola, non c’entrano più di tanti…
  • … però di spazio ce ne è ancora, forse il problema non è lì, o almeno non solo lì…
  • Il problema è che consumiamo troppo e produciamo troppi rifiuti e la terra sta diventando una pattumiera celeste…

venerdì 12 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 5)

[168]
  • Ieri hai chiuso in modo strano. Dici che dobbiamo imparare a chiedere e a capire le risposte. Ma che c'è da imparare, da capire?
  • Io invece credo che per fare una buona domanda bisogna già avere le idee abbastanza chiare…
  • Hai ragione, ma allora non c’è più bisogno di domandare!
  • Se hai imparato ad ascoltare, ti accorgi che in ogni risposta c’è qualcosa di nuovo, che non avevi previsto.
  • Già, perché chi ti risponde non ha lo stesso cervello tuo e pensa diversamente da te.
  • Perché, i cervelli non sono tutti uguali?
  • All’inizio non so; ma, dopo, in ciascuno sono entrate impressioni diverse, immagini, suoni diversi, e tutti pensiamo diversamente.
  • Meno male! se non fosse così, sai che noia: pensare tutti allo stesso modo!
  • Ma a scuola, vogliono che alle loro domande diamo le stesse risposte!
  • Sembra che un tempo fosse così: le cose da sapere erano le stesse per tutti…
  • … ma quelle che pensiamo sono diverse!
  • … ma di quelle la scuola non si interessa.
  • Mi sembra che la scuola non la conoscete! Da noi ci chiedono il nostro parere su tutto.
  • Anche da noi era così, alle elementari. Poi, alle medie, conta solo il parere degli insegnanti o quello che c’è scritto sul libro.
  • Forse bisognerebbe girare la scuola a capa sotto…
  • Ma le cose che studiamo adesso sono troppo complicate per poterle pensare da soli.
  • Giusto, e più si va avanti, più saranno complicate…
  • … ma questo non vuol dire che dobbiamo rinunciare a pensare colla nostra testa…
  • E neppure che il pensiero nostro sia da buttar via!
  • Un conto sono le cose che io sono già state pensate e che è giusto che le impariamo, un altro quelle che pensa ognuno di noi e magari sono più semplici ma non più stupide.
  • Non credo nemmeno che siano per forza più semplici; sono meno ‘specialistiche’.
  • Che vuoi dire?
  • Non sono come le potenze o le radici in matematica, ma sono come 1 + 1, che è più fondamentale, e se non l’hai capito bene, tutta la matematica fa a farsi friggere!

giovedì 11 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 4)

[167]
  • Non è che capisco bene come vanno le cose, ma capisco che sono molto complicate…
  • Sì, poi non ti dicono tutto, ognuno vi nasconde qualcosa.
  • Ma di chi parli?
  • Di quelli che parlano in televisione o scrivono sui giornali.
  • Perché, tu non gli credi?
  • Io neppure li ascolto… sono tutti così noiosi!
  • Credo invece che dovremmo informarci di più, sennò quelli ci fregano.
  • Tanto ci fregano anche se sei informato.
  • Ti fregano se vuoi farti fregare.
  • Ti fanno una testa così con le chiacchiere e la pubblicità e ti fanno fare ciò che vogliono loro.
  • Siamo alla solita: loro chi?
  • Quelli che hanno in mano la televisione e parlano a tutti.
  • Ma anche noi sappiamo parlare!
  • Ma non abbiamo la televisione.
  • E allora parliamo su internet!
  • E che diciamo?
  • Niente! Ciattiamo e basta!
  • Oppure ascoltiamo musica…
  • … mentre tu ascolti musica, quelli fanno gli affari loro.
  • E che dovremmo fare?
  • Cominciare a capirci qualcosa.
  • E come!
  • Chiedendo, leggendo, studiando.
  • Ma io mi annoio a leggere e studiare. E poi, nei libri non ci sta mai quello che piace a me.
  • Eh già! Perché quello che piace a te, credi di essere tu a sceglierlo?
  • E chi sennò?
  • Quelli che ti vendono i libri o i dischi…
  • … o che li pubblicano, le case editrici…
  • … o che li scrivono, magari per far piacere a qualcuno…
  • … non certo a me!
  • Vedo che abbiamo le idee un po’ confuse.
  • È per questo che andiamo a scuola…
  • … che non ce le chiarisce. E allora, non sarebbe meglio che ce le chiarissimo da noi?
  • Da noi soli, però, non ce la facciamo…
  • Sì, se chiediamo. Ma dobbiamo essere noi a chiedere, anzi a imparare come si fa a chiedere e a capire le risposte.

mercoledì 10 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 3)

[166]
  • Perché le tasse?
  • Perché ci sono tante spese che non possiamo sostenere singolarmente, come le strade, gli ospedali, le scuole, la polizia, i vigili del fuoco...
  • E chi le paga, queste spese?
  • Sempre noi, e chi sennò? Noi però diamo i soldi –le tasse, appunto– allo Stato o ad altri enti che non ricordo, e questi ci pagano i lavoratori delle strade, degli ospedali, i nostri insegnanti e così via.
  • E così si creano ‘posti di lavoro’ per molte altre persone…
  • Una cosa però non l’ho capita: per pagare tutta questa gente servono tante monete o banconote! Chi li fabbrica?
  • Lo stato.
  • E non potrebbe stampare un po’ di più da dare ai poveri?
  • Sembra che, se lo facesse, ci sarebbe l’inflazione.
  • E cosa sarebbe?
  • Che tutto diventerebbe più caro e i poveri diventerebbero ancora più poveri.
  • E i ricchi?
  • Quelli se la cavano sempre.

martedì 9 agosto 2011

Come salvare l'umanità (minidialogo 2)

[165]
  • Ieri si diceva che era l'ultimo della catena, l'operaio, il 'lavoratore' a mantenere in piedi la baracca.
  • Ma perché chiamate ‘lavoratore’ solo quell’ultimo? Gli altri non lavorano?
  • Chi sono ‘gli altri’? Anche il proprietario della fabbrica?
  • No, quello non lavora!
  • Forse non lavora come l’operaio, ma rischia…
  • Che cosa rischia?
  • La fabbrica che è sua, ma dà lavoro a tanti…
  • … che quindi rischiano anche loro.
  • Che cosa?
  • Il posto di lavoro…
  • … qualcosa che non ci sarebbe se non ci fosse il padrone della fabbrica che te lo dà.
  • Te lo dà, perché, se non ci fossi tu che la fai andare, che ci farebbe con la sua fabbrica?
  • Ma allora, non potrebbero mettersi assieme, l’operaio e il padrone della fabbrica, a dividersi il guadagno…
  • … dopo aver pagato il venditore…
  • … e le tasse.

lunedì 8 agosto 2011

Come salvare l'umanità (10 postini in forma di minidialoghi per la scuola)

Clapham Junction, 8 Agosto 2011
[164]
[Un gruppo di ragazzini -età tra i 9 e i 13 anni- si incontra quotidianamente a discutere questo problema. Noi seguiremo per qualche tempo le loro discussioni.]
  • Per me al mondo ci sono troppi poveri che non hanno neppure da mangiare.
  • Per me invece ci sono troppi ricchi che si mangiano tutto quello che c’è da mangiare.
  • Basterebbe che ogni ricco desse ai poveri la metà della sua ricchezza e tutti sarebbero contenti.
  • La fai facile tu! Il ricco per esempio non è detto che abbia i soldi in tasca, potrebbe averli sotto forma di palazzi di terreni, e che dovrebbe farne? dare a ogni povero di sua conoscenza un pezzo di terreno o di palazzo?
  • Ora sei tu che semplifichi le cose. Possedere un palazzo o un terreno non vuol dire che ci puoi fare quello che vuoi. In genere li avrai affittati a qualcuno e anche quel qualcuno ha i suoi diritti.
  • Invece di dare ai poveri metà dei suoi beni, che quelli non saprebbero neppure che farci, metà del reddito che ne ricavano… lo sapete cos’è il ‘reddito’?
  • Sì, i soldi che ti dà ogni mese quello che abita in un tuo appartamento…
  • … o, se hai una fabbrica, i soldi che guadagni vendendo i prodotti della tua fabbrica.
  • Ma non sei tu che li fabbrichi, sono gli operai…
  • … ma io li pago.
  • E non sei neppure tu che li vendi.
  • Io li vendo tutti assieme a un venditore…
  • … che a sua volta li vende a chi ne ha bisogno.
  • E tutti vogliono guadagnarci, giustamente… ma ognuno un poco più di quanto gli serve per campare…
  • … e l’ultimo paga per tutti: ed ecco il ‘povero’!
  • Allora secondo te sono i poveri che danno da mangiare ai ricchi?
  • In un certo senso è proprio così. Alla fine è il lavoro dell’ultimo che tiene in piedi la baracca.
  • Non mi sembra giusto!

domenica 7 agosto 2011

Intesa


Poi continuiamo con il nuovo Quaderno di postini - il numero IV-.

venerdì 5 agosto 2011

Commento a Memoria dell'Acqua Acetosa

[159]
È per me una memoria ricorsiva: memoria di memoria di memoria e così via. Già la seconda parte dello scritto di Sergio, che con qualche incertezza colloco alla fine del ’75, parla dell’Acqua Acetosa come di un sogno lontano, distante dal presente –da quel presente– una trentina di anni. Da quel presente alla morte di Sergio (nel 2005) sono passati altri trent’anni e da allora a oggi altri cinque. Nel frattempo sono certamente spariti i barattoli, le lamiere e plastiche che nel ’75 apparivano residui di un passato irrecuperabile e probabilmente non c’è più neppure il vecchio pino mezzo marcio e carico di ricordi. Già per Sergio l’Acqua Acetosa era un palinsesto di memorie. Ora a custodirlo sono rimasto io a ottantatré anni.

Sergio era un pianista, non un letterato e i suoi numerosi scritti, cari a noi che l’abbiamo conosciuto, forse non avranno neppure la fortuna –ma è poi una fortuna?– di essere pubblicati se questa fortuna dovesse sorridere ai miei postini, un minuscolo frammento della nostra Acqua Acetosa, ci sopravvivrà di qualche anno per poi sparire come barattoli, la miniera e plastiche, è come il vecchio pino marcescente.

Gli entomologi e i naturalisti in genere possono affidare alla carta le loro memorie, in qualche caso passando alla storia come Henri Fabré con le sue Memoires entomologiques, vero monumento alla vita dell’insetto, di ineccepibile serietà scientifica ma al tempo stesso di avvincente qualità stilistica. Molti lo hanno imitato, anche in tempi recenti, dando vita a un genere letterario combinante oggettività di osservazione e piacevolezza narrativa, oggi trionfante nei documentari cinematografici e televisivi. Mi sono lasciato tentare anch’io, qualche postino più addietro, da questo stile, provvisto di una sua retorica garbata e seducente, ma nel mio caso, esercitato senza particolare convinzione. L’acuta sensibilità di Sergio Cafaro sarebbe stata senz’altro in grado di soddisfare ambedue le esigenze di questo particolare impegno la sua è scelta professionale e di vita è stata un’altra e, visti i risultati, non c’è proprio nulla da rimpiangere.

giovedì 4 agosto 2011

Memoria dell'Acqua acetosa II (Sergio Cafaro, 197...)

[158] Sono tornato tempo fa nei pressi del Forte Antenne al fontanile dell'Acqua acetosa, un tempo un posto così bello della periferia romana...

Si può però dire che, a parte il vecchio trenino della Roma Nord e il bosco del Monte Antenne, non c’è più niente. La grossa strada Olimpica, che corre dove un tempo c’era un verde terrapieno e molti anni addietro passava una ferrovia, ora è inghiottita da un traffico intenso e rumoroso. Scavalcando barattoli e pezzi di lamiere e plastiche, ho raggiunto un vecchio pino, lo stesso delle primissime passeggiate, rimasto la come una volta e ora mezzo marcio. La vecchia corteccia veniva via a grosse liste. C’erano sotto intere popolazioni di coccinelle svernanti, tutte raggruppate in folti stuoli, come tante pecore rannicchiate una addosso all’altra; qua e là si muoveva pigramente qualche piccolo tenebrionide e qualche piccolo miriapode rossiccio. Ho o un po’ provato l’emozione dei primi tempi e ho guardato con tenerezza tutto quel piccolo esercito di coleotteri riunitosi a svernare sotto la corteccia di quel vecchio pinastro, in quell’estremo lembo di periferia.

mercoledì 3 agosto 2011

Memoria dell'Acqua acetosa I (Sergio Cafaro, 197...)

[157]
L'Acqua acetosa era un posto ancora bello, verde e appartato. Non c'era nei presi la via Olimpica, pesantemente trafficata. Si era nel dopoguerra. Solo il trenino della Roma Nord ogni tanto passava (come tuttora fa), sul rialzo, tra i prati…

Sostavamo a uno di quei i fontanili tipici del Lazio, mezzo allagati, dove si abbeverano i bovini, e vi pescavamo i coleotteri acquatici. Era un lembo incontaminato di periferia, alla soglia della città, pieno di una sua intensa poesia: le ultime case, pecore al pascolo, mucche, il trenino, qualche aeroplanetto…

Ricordo perfettamente ogni particolare della zona (oggi quasi completamente inghiottita dalla città avanzante), e tutte le specie interessanti catturate. Il Carabus alysidotus, nei luoghi più umidi e nelle piccole pozze fangose, il Carabus rossii, il Procrustes coriaceus, Labia fulvicollis e il Pterostichus macer sui muretti… e poi la rara Siagona depressa, sotto i sassi, il Chlaenius chrysocephalus, piccolo stupendo carabide dal corseletto dorato smagliante…

martedì 2 agosto 2011

... in numero stragrande...

[156]
Doveva essere l'autunno del 1941 o 1942. La guerra non era ancora al suo apice, anche se i morti si contavano già a centinaia di migliaia. Delle due città cui mi sentivo di appartenere, Roma e Amburgo, solo la seconda era già stata colpita duramente. Nell’incoscienza propria dell’età e del momento storico – che vedeva addirittura qualcuno inneggiare alla guerra– l’interesse di un ragazzotto di 14- 15 anni poteva ancora essere tutto per il suo hobby favorito, nel caso mio la raccolta dei coleotteri. Ero solito dedicare la domenica alla caccia e le ore che la scuola mi lasciava libere durante la settimana alla preparazione del materiale raccolto. La fauna coleottero logica, anche nelle città, era ancora abbondante e mai c’era domenica ch’io non tornassi con un ricco bottino. Va naturalmente considerato che, essendo la mia collezione agli inizi, era relativamente facile che mi imbattessi in qualche specie per me interessante. Mi limito a parlare dei coleotteri presi a Roma e dintorni perché è qui che si è formato il primo nucleo della mia collezione, con qualche apporto amburghese. Le zone da me più frequentate, Monte Mario e Prima Porta, non esistono più per l’entomologo di oggi, coperte come sono da kilometri cubi di asfalto e cemento. Allora invece è come se avessimo a portata di mano, anche noi cittadini, un paradiso naturale oggi non più raggiungibile neppure con gli attuali mezzi di comunicazione. Le più notevoli specie si trovavano per così dire a due passi da casa, e spesso addirittura nel cuore della città. Ricordo per esempio un Rhopalopus hungaricus – raro cerambicide europeo catturato a villa borghese o il grosso stafilinide Emus hirtus della folta peluria dorata, preso sul muretto del Lungotevere delle Navi. Ma, più che gli esemplari in quanto tali, contano i ricordi connessi con le lunghe camminate fuori dal groviglio cittadino tra gli inebrianti profumi delle erbe autunnali – sono frattanto ritornato all’inizio di questo ricordo– le orecchie ronzanti di migliaia di ali in vibrazione. Nelle calme serate d’autunno infatti, si levano in volo, in numero stragrande (non so però se la cosa si verifica ancora oggi), i coleotteri stercorari, per lo più appena sgusciati dalle spoglie ninfali, in cerca dei grossi pani di sterco lasciati dai bovini al pascolo. Erano allora – soprattutto i Bubas bison e i Chironitis– a dare il suono-base, dolce e melanconico, alla campagna quasi addormentata ma a tratti risvegliata dal ronzio cupo di un Geotrupes sfrecciante nella semioscurità.

lunedì 1 agosto 2011

Cause tutt'altro che chiare



Donne cacciando lucciole accanto a un ruscello 歌川国芳 (Utagawa Kuniyoshi, 1798 - 1861)

[155] Il calo biologico, in genere evidentissimo ovunque, a tutti sembra contraddetto dall'improvvisa comparsa -o ricomparsa-, anche in buon numero, di specie che sembravano in via di estinzione. Mi riferisco soprattutto agli insetti, che posso agevolmente controllare di persona – si intende entro limiti ristrettissimi– dal balcone di casa, letteralmente affondato nel verde degli alberi circostanti. Così quest’anno c’è stato, dopo alcuni anni di quasi assenza, un ritorno in massa di lucciole (Luciola italica con qualche esemplare di Lampyris noctiluca), notato anche da alcuni amici. Un forte calo di ditteri, in corso già da alcuni anni, ci permette di tenere le finestre aperte senza essere invasi da mosche e zanzare. Locuste e acrididi sono quasi una rarità, come, tra i coleotteri, le un tempo comunissime cetonie (Cetonia, Potosia, Tropinota, Oxythyrea). Per contro mi hanno riferito di una vera e propria invasione di Aromia muschata su certi salici presso Palombara Sabina. Ricordo un giorno del maggio di quest’anno con il tiglio ronzante di api, che già il giorno seguente erano scomparse. Una certa fluttuazione nella densità delle popolazioni di insetti è cosa nota da sempre, non però nella misura che si osserva oggi. Complessivamente la regressione è allarmante, non mancano però dei segnali contrari, provenienti spesso dagli ambienti cittadini piuttosto che da quelli rurali. Recentemente mi è stata comunicata la presenza di bruchi di Papilio macheon in buon numero negli orti romani di periferia, mentre la stessa specie è assai meno frequente nelle campagne sabine.


Anche le cause di questo declino della fauna entomologica sono tutt’altro che chiare. La responsabilità o almeno corresponsabilità umana è certa, meno chiaro dove essa si concentri, se nell’inquinamento ambientale, nello sfruttamento agricolo intensivo, nel progressivo inurbamento del territorio, nella semplice presenza invasiva della specie umana. Di recente è stata avanzata anche l’ipotesi – in particolare per gli insetti, gli uccelli e la fauna marina– che un forte disturbo sia esercitato dai campi magnetici generati dalle reti informatiche – dalla radio alla televisione, ai computer, ai cellulari– che disorientano le capacità sensoriali degli animali provocandone indirettamente la morte o l’impossibilità procreativa. Comunque stiano le cose, in questo processo degenerativo siamo implicati anche noi in misura molto maggiore di quanto l’ufficialità ci voglia far credere.