mercoledì 28 dicembre 2011

I 'margherini'

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Erano circa trecento, e noi eravamo tre, Paola, Celestino ed io, il che voleva dire un rapporto di uno a cento, decisamente sproporzionato per una lavoro di formazione sulla Pratica musicale di base, lavoro affidatoci dal Teatro La Fenice e dal Comune di Venezia in 1977-78. Erano previsti tre cicli di quindici incontri, il primo dei quali da svolgersi nelle Sale Apollinee del Teatro (gli altri due si sarebbero tenuti altrove). Gli iscritti provenivano dalle varie province del Veneto, la maggior parte del tutto ignari di musica. Perché si trovavano lì? Forse li animava la speranza in una qualificazione facile, a buon mercato (i corsi erano gratuiti).

Alla fine del terzo ciclo erano rimasti un centinaio occupati in una decina di Centri Musica, sparsi per il territorio oltreché in un certo numero di scuole come ‘operatori musicali di base’.

Ma non di questo volevo parlare nel presente postino bensì degli indimenticabili giorni trascorsi a Venezia con i ragazzi del corso, in particolare con i dieci del ‘supergruppo’ e la ventina dei ‘margherini’. Avevamo infatti suddivisi i trecento in gruppi da trenta-trentacinque elementi, ciascun gruppo guidato da un ‘operatore del supergruppo’. Questo non era stato ‘scelto’ secondo un qualche criterio selettivo, ma solo accettato su richiesta. A ognuno dei superoperatori era affidata la preparazione del proprio gruppo. Per rendere possibile la cosa, il ‘supergruppo’ sarebbe stato preparato al mattino alle esperienze da condurre il pomeriggio con la ‘base’ dei corsisti. Paola, Celestino ed io, oltre a curare la formazione del supergruppo, giravamo nelle ore di corso per i vari locali messi a disposizione dagli enti, osservando più che intervenendo per poi rileggere l’esperienza il mattino seguente. Tra i gruppi di base ci è rimasto particolarmente impresso quello dei ‘margherini’. Erano i famigerati ‘anni Settanta’, i cosiddetti ‘anni di piombo’ che, accanto al piombo, videro anche l’espunto vivo di un mondo giovanile pensante e critico, non ancora rinunciatario e ipnotizzato da una musica asservita al consumo. Era anche di moda il gesto della P38, simbolo di anarchia e antiautoritarismo, il gesto con cui i ‘margherini’ accolsero Paola il primo giorno di corso. Non era però passata mezz’ora che dell’autorità e della sua contestazione non c’era più traccia. Era rimasta un’amicizia che durò lungo tempo dopo la fine dell’avventura veneziana, amicizia che coinvolse anche me e alcuni ragazzi di Cantalupo. Alcuni dei corsisti, in prevalenza del gruppo dei ‘margherini’, vennero infatti a trovarci nei mesi seguenti e seguirono per un certo tratto le vicende del Centro Musica in Sabina, ormai maturo per la trasformazione in Centro Metaculturale.

E come andò a finire? – domanderà qualcuno.

A corsi conclusi una nostra delegazione mista di docenti e ‘neooperatori’ chiese agli enti promotori, cioè il Teatro La Fenice, il Comune e la Provincia di Venezia, nonché alla Regione Veneta di dare un seguito all’esperienza offrendo agli ex-corsisti appropriate occasioni di lavoro. Furono così istituiti un certo numero di Centri Musica sul territorio veneto, alcuni dei quali rimasero attivi per alcuni anni dopoché il Teatro e la Regione avevano ritirato i remi in barca tagliando i finanziamenti. I tempi stavano cambiando, il pubblico cedeva al privato e lo stato sociale si avviava a essere un ricordo. Il berlusconismo era alle porte. Gli anni di piombo avevano soffocato i contemporanei anni di argento. Avverrà mai che quel ricordo torni a farsi realtà?

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