domenica 3 aprile 2011

L'assiolo


(582) Non è proprio così, ma mi piacerebbe che lo fosse.

Tutti gli anni nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile arriva da noi, e precisamente sul sambuco dietro casa che ha appena messo le foglie, l'assiolo. In questa notte, sei anni fa è morto Sergio, l'amico di una vita, e questa notte Paola ha perso l'amica sua forse più cara, Annarosa. In ambedue i casi la nostra malinconia si è riflessa nel melanconicamente ripetuto 'chiù' del piccolo strigide. Lo squillante richiamo risuona a notte fonda come il gioioso urtarsi di due cristalli...

Ma insomma, come è il canto dell'assiolo: melanconico o gioioso, nunzio di primavera o di conclusa stagione di vita? L'animale è indifferente alle nostre aggettivazioni: lo spinge solo il brutale istinto del sesso, lo stesso che spinge al canto i nostri poeti musicisti. Perché allora chiamarlo 'brutale'? Forse perché ci viene in mente l'accoppiamento di due leoni. Ma due assioli?

La vita, per sussistere, ha bisogno della malinconia notturna del chiù come dell'assolato ruggito del leone.

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