domenica 1 luglio 2012

Macbeth

[401]

MESSENGER
Gracious my lord,
I should report that which I say I saw,
But know not how to do ‘t.

MACBETH
Well, say, sir.

MESSENGER
As I did stand my watch upon the hill,
I looked toward Birnam, and anon methought
The wood began to move.

MACBETH
Liar and slave!

MESSENGER
Let me endure your wrath, if ‘t be not so.
Within this three mile may you see it coming;
I say, a moving grove.

MACBETH
If thou speak’st false,
Upon the next tree shall thou hang alive
Till famine cling thee. If thy speech be sooth,
I care not if thou dost for me as much.
I pull in resolution and begin
To doubt th’ equivocation of the fiend
That lies like truth. “Fear not, till Birnam wood
Do come to Dunsinane”; and now a wood
Comes toward Dunsinane.—Arm, arm, and out!—
If this which he avouches does appear,
There is nor flying hence nor tarrying here.
I ‘gin to be aweary of the sun,
And wish th’ estate o’ th’ world were now undone.—
Ring the alarum-bell!—Blow, wind! Come, wrack!
At least we’ll die with harness on our back.
[Exeunt]

MESSAGGERO
Mio grazioso signore, io dovrei riferirvi ciò che affermo di avere visto; ma non so come fare.

MACBETH
Via, parlate, messere!

MESSAGGERO
Mentre stavo di guardia sul colle ho volto lo sguardo verso Birnam, e ad un tratto, mi è parso che il bosco incominciasse a camminare.

MACBETH
Mentitore, ribaldo!

MESSAGGERO
Ch’io supporti l’ira vostra, se non è così. Voi potete vederlo avanzare in questo tratto di tre miglia; vi dico che è un bosco in marcia.

MACBETH
Se dici il falso, sarai appeso vivo all’albero più vicino, finché la fame ti secchi: se le tue parole sono vere, non mi importa che tu faccia altrettanto con me. Io vacillo nella mia sicurezza, e incomincio a dubitare degli equivoci del demonio, il quale mentisce pur sembrando dire la verità: “Non temere finché il bosco di Birnam non venga a Dunsinane”… ed ecco che un bosco si avanza verso Dunsinane! … All’armi, all’armi e fuori! Se ciò che costui afferma si vede, non c’è già che fuggire di qui, né da indugiare qui. Io comincio ad essere stanco del sole, e vorrei che la fabbrica del mondo fosse distrutta. Si suoni la campana d’allarme! Soffia, o vento, vieni o naufragio! Voglio almeno morire con le mie armi indosso.

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Shakespeare non va per il sottile quanto a prodigi, streghe, spettri e altre diavolerie. Evidentemente il suo pubblico amava le tinte forti, come oggi le amano gli appassionati dei film dell’orrore, di avventuri spaziali, dei cartoni animati giapponesi, e un tempo i bambini attenti ai racconti della nonna.

Purtroppo non so l’inglese, che peraltro avrei voluto conoscere solo per leggere Shakespeare nella sua lingua, ma dalle traduzioni e dalla filmografia mi sono fatto un’idea di lui come di un autore che nell’acquiescenza al gusto dominante ha trovato quell’universalità che altri cercano nel discostarsene il più possibile. Shakespeare non è originale perché non ha bisogno di esserlo, non cerca perché ha, non si immedesima perché è. È Macbeth, è Amleto, è Cordelia o chi volete voi. Non c’è attributo, non c’è definizione che lo racchiuda. Di lui puoi dire qualsiasi cosa: cogli sempre nel segno pur sbagliando tutti i colpi. Shakespeare non ha creato il mondo. Ma è COME SE l’avesse fatto. Questi postini sono umilmente dedicati a lui.

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