giovedì 5 luglio 2012

Cosa è un sindacato?


[Mi sia permesso, a richiesta di Boris, interrompere momentaneamente la serie dei 'postini' con una nuova creatura, cioè un 'boccale']

Forse si può cominciare questo tentativo di definizione… all’incontrario, dicendo cosa non è più un sindacato nel momento presente, in rapporto a qualche pensiero.     Non è un’organizzazione dall’alto in basso dove dei ‘leader’ spiegano alla ‘base’ cosa devono fare. Penso che non c’è più né alto né basso, i ‘leaders’ lo sono solo di nome – non hanno né possono avere un’idea di dove andare, tanto meno di come farlo.
  • Non è un’organizzazione che mutua comportamenti dal mondo politico, stabilendo relazioni con esso, dipendenze da esso. Penso che a livello istituzionale non c’è più politica, c’è solo sudditanza a un pensiero unico.
  • Non è un’organizzazione che ‘tratta’ per ottenere dal datore di lavoro per i lavoratori le ‘migliori condizioni’ entro i vincoli economici esistenti. Penso che non c’è più economia, c’è solo corsa ad assicurare l’ultima ronda di privilegi.
  • Non è un’organizzazione che si oppone competitivamente ad altre ‘concorrenti’, né tantomeno al ‘datore di lavoro’, cercando di prevalere su di loro. Tantomeno oppone all’interno dei lavoratori ‘aderenti’ contro ‘non aderenti’, o ‘attivi’ contro ‘postulanti/pensionati’, o ‘stabili’ contro ‘precari’. Penso che le categorie assolute ‘opposizione’ e ‘concorrenza’ siano ormai esaurite, sterili.

Riassumendo: non è un’organizzazione chiusa e gerarchizzata, politicamente allineata, orientata a trattative rivendicative, concepita all’interno di opposizione ‘noi versus loro’.
E mi fermo con questi quattro ‘non è…’ essenziali. Probabilmente i sindacati del mondo che fu, tanti anni addietro, si sono riconosciuti sinceramente in quelle proposizioni che oggi nego. Nulla da criticarli – semplicemente costatare che esse non servono più a molto. Ripetere questi movimenti irriflessi aspettando che riproducano i risultati del passato mi sembra pensiero magico.
Invece, cosa potrebbe essere oggi un sindacato, ripensando in positivo questi ‘non è…’?
  • Un luogo di relazione, intesa letteralmente come ‘rompere la solitudine’ del lavoratore, nullificato davanti a poteri innominati. Relazione che si deve costruire dagli elementi fondanti – anzitutto, dalla comunicazione personale, e dal proprio ‘contatto etologico’ con il luogo del lavoro e i suoi vincoli.
  • Un luogo di informazione – ‘rompere la solitudine’ vuol dire non soltanto parlare e ascoltare – vuol dire fornire quell’informazione specifica che devolve potere, dignità, situazione al lavoratore – sa dove si trova – dove si trovano gli altri.
  • Un luogo di iniziativa e di responsabilizzazione – piuttosto che un fornitore di soluzioni magicamente predefinite. La prima responsabilità, quella di pensare, analizzare (l’informazione). Dopodiché, fare – dopodiché, pensare, e così successivamente. Così, un luogo di pratica e pensiero. E così diventa pure un luogo di formazione reciproca e collettiva, di autoformazione.
  • Un luogo di composizione delle diversità, esterne e interne, in un contesto di cambiamento continuo, di soltanto parziale controllo di questo cambiamento. Quindi un progetto di sopravvivenza dinamica, adattativa dell’organizzazione.

Dopo questo tentativo incompleto di definizione ‘topografica’ del ‘cos’è’, ci resta da spiegare ‘cosa può fare’ un sindacato. Arrisentirci per il prossimo boccale!

Nessun commento: