venerdì 20 luglio 2012

Nelly Sachs


[407]
Vorrei chiudere questa serie di postini del ‘come se’ nel nome di una poetessa alle cui opere sono particolarmente affezionato per come ha contribuito a restituire alle lingue e alla cultura tedesca la dignità perduta una sessantina di anni fa.
Hängend am Strauch der Verzweiflung
und doch auswartend bis die Sage des Blühens
in ihre Wahrsagung tritt –

Zauberkundig
plötzlich der Weißdorn ist außer sich
vom Tod in des Leben geraten –


(Pendente dal cespo della disperazione
eppure in attesa che la leggenda dei fiori
avveri la sua profezia –

Esperto di magia
d’un tratto il biancospino fuori di sé
dalla morte s’è trovato nella vita.)

Speranza dalla disperazione, luce dalla notte, vita dalla morte, la poesia di Nelly Sachs ha permesso alla Germania di rinascere dalla distruzione fisica e morale cui la storia l’aveva condannata. Non è stata l’unica, ma la fusione in lei della lingua della vittima con quella del carnefice le ha conferito un’emblematicità che penetra ogni sua parola, ogni suo gesto poetico. Il tema biblico di molte sue poesie, che in altri suonerebbe voluto e fastidioso, in lei è autentico: Nelly Sachs è forse l’ultima grande voce profetica che dall’antichità giunge fino a noi.
Di lei ho messo a suo tempo in musica varie poesie, la cui levità e intrinseca mu sicalità mi ha particolarmente attratto.
Che cosa ci guida nella scelta dei testi da musicare?
Il contenuto, certo, quello esplicito, anche se spesso si sperde nella poesia moderna di non immediata accessibilità; più ancora di improbabili accostamenti verbali, la ‘semantica di contatto’ quale scaturisce, quasi epifanicamente, da questa improbabilità; non ultimo, il ‘suono’ della parola, il ritmo del verso –anche e soprattutto se irregolare–, la ‘forma’ dell’insieme con le sue intime corrispondenze e i suoi inespressi richiami ad altro. Ma come può la musica tradurre tutto questo?
Intanto non sempre lo fa. Così, quando la musica, forte di una propria grammatica e sintassi, beneficiasse di una larga autonomia, non di rado assume la parola come pretesto per godere di se stessa, questo soprattutto nell’opera all’epoca del ‘bel canto’; altre volte si limita a fare da supporto alla parola, come nel cosiddetto ‘stile recitativo’; oppure si immedesima a tal punto nella vicenda narrata da sacrificare ad essa la sua autonomia espressiva. Il ricevente potrà ricercare tra le sue competenze gli esempi che a suo parere meglio rappresentano questi tipi di interazione, ciascuno dei quali ha prodotto risultati di tutto rispetto. Per parte mia e nell’ambito delle mie competenze vorrei nominare solo quelli che ritengo i vertici del connubio di musica e parola: le Cantate di Bach (comprese ovviamente le due Passioni) e il corpus dei Lieder schubertiani. Non so immaginare una fusione altrettanto perfetta di due autonomie singole in una di ‘ordine’ –ma non per questo anche di ‘livello’– superiore. E in quei pochi casi in cui il testo verbale non raggiunge quello musicale –come in certe stereotipie letterarie nelle arie, o sentimentali nella poesia romantica– è sempre la musica a riequilibrare la situazione. Nel caso mio, ahimé, se qualcosa di buono si è prodotto, temo lo si debba alla scelta dei testi –come qui quelli di Nelly Sachs– più che alla musica.

fine della serie di postini del ‘come se’

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