sabato 26 maggio 2012

Noi leggevamo un giorno per diletto

[390]
Sir Lancelot e la regina Ginevra, per Julia Margaret Cameron (1874)

Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e senza alcun sospetto.
 Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
 Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
 la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.

Sono parole che chiunque appartenga al ‘bel paese dove il sì suona’ ha o dovrebbe avere incise nella mente. Forse mai la fase dell’innamoramento è stata descritta con maggiore ‘verità’ psicologica e non è certo il caso che io insista nel commentare questi arcinoti versi. Vorrei solo rapportarle al reagente del ‘come se’.

Francesca e Paolo evidentemente già si amano. Dante ce lo dice chiaramente. Si rivolge infatti a Francesca:

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?

Mancava solo un fattore scatenante, e questo è stato il prototipo mitico di Lancilotto e Ginevra. Per il nostro senso storico il prototipo scelto da Dante è singolarmente vicino al fatto narrato. Non si tratta ancora di un vero e proprio mito, ma della versione romanzata di un fatto precedente non ancora cristallizzato come poteva essere per Virgilio il racconto di Enea e Didone. Qualcosa di tuttora vivo e palpitante, che poteva produrre nella mente del lettore trecentesco –tanto più quindi in Paolo e Francesca– delle risonanze di attualità. L’immedesimazione nel prototipo è la scintilla che infiamma i due innamorati così come il loro amore si fa –per Dante non meno che per noi– prototipo di altre storie d’amore in una catena infinita di rimandi. Parimenti Galeotto è per i due il prototipo letterario del libro che stanno leggendo, così come il V Canto dell’Inferno può diventarlo per un lettore odierno. Dante sembra qui interpretare il mondo neoplatonicamente come una serie di rispecchiamenti, non altrimenti di come farà Goethe nel Faust (vedi postino seguente).

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