venerdì 18 marzo 2011

Y e XY


[60] Era di nuovo un’epoca di divinità personalizzate in cui, quando si diceva o scriveva “Dio mio” o “mio Dio”, si intendeva effettivamente un Dio proprio, distinto da tutti quelli altrui. Che poi le cose stessero così o che questa pluralità confluisse da ultimo in un unico Dio dai mille volti non è stato sinora chiarito, ma non è neppure necessario saperlo. Perlomeno non interessava il signore Y, che faceva capo alla divinità XY.

Questi era stato abituato fin da piccolo a ringraziare ogni sera XY per il solo fatto di essere nato. Nei primi anni tutto andò bene e i ringraziamenti di Y erano motivati e convinti. Poi, con la scuola, erano cominciati i primi screzi:
“Perché mi hai fatto interrogare proprio oggi che non ero preparato?” o “Ma che ti è venuto in testa di far perdere il Genoa due volte di seguito?”
Qualche anno dopo:
“Fa almeno che oggi si accorga di me!”

Ciononquanto i ringraziamenti serali continuavano. Fino a che XY cominciò a dubitare che si trattasse solo di una routine, di un’abitudine acquisita ma ormai priva di un vero significato. Per mettere alla prova la sincerità di Y, XY lo sottopose a dure prove, cui Y non resse a lungo. Non era più questione della preghierina serale, ma sempre più rare erano le manifestazioni di gratitudine di Y verso XY, anche perché sempre più rare erano le occasioni che avrebbero potuto motivarle.

Fu così che il sodalizio di Y e XY si indebolì fino a scomparire del tutto. Il primo a scomparire fu XY, non più sorretto dai ringraziamenti di Y, poi fu la volta di Y, di cui però ben pochi si accorsero. Il fatto comunque si ripetè miliardi di volte, per ognuno degli Y viventi, e questo portò alla sparizione anche di un ipotetico X, uno o plurimo che fosse.

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