venerdì 25 marzo 2011

Matematica, linguaggio della fisica?


Se qualcuno mi chiedesse quali sono le due più belle equazioni della fisica, citerei f=ma ed e=mc2.

La prima (forza = massa × accelerazione) la dobbiamo a Newton e ce l’insegnano già al liceo; la seconda (energia = massa per il quadrato della velocità della luce) apparentemente quasi altrettanto semplice, è di Einstein, ma per capirla effettivamente occorrono complessi studi superiori. Io per esempio, che negli anni Quaranta qualche contatto con la teoria della relatività l’ho avuto, non posso dire di aver capito nella sua ‘fisicità’ la famosa equazione einsteiniana. Voglio dire che matematicamente c’è poco o nulla da capire, ma il significato che si nasconde dietro i simboli matematici e le operazioni che li legano tra loro sono ben lontani dall’essermi chiari. Supponiamo che lo sia il concetto di ‘velocità’ (riducibile a un rapporto di spazio e tempo), non lo è certo quello di ‘massa’, definita banalmente come ‘quantità di materia’ (così al meno si diceva ai miei tempi).

Ma non è questo ciò che vorrei che qualcuno mi spiegasse. Molto più in generale:
“Perché il linguaggio della fisica è o dovrebbe essere la matematica?”

Tra le risposte possibili (ma nessuna mi sembra convincente):
• “Perché la matematica è il linguaggio della materia come dimostra il fatto che, essendo fatto di materia e spiegandone le leggi, in un certo senso si auto dimostra.”
• “Perché la matematica è, per così dire, il ‘linguaggio macchina’ del pensiero e ne riflette la struttura profonda, al di là della quale non possiamo andare”.
• “Perché il ‘numero’ è l’ente che unisce l’astrazione operata dalla mente alla concretezza dell’esperienza corporea”.

Questa come altre possibili risposte mi sembra non concordino alla lunga con i dati dell’esperienza. Così la fisica newtoniana, considerata fino a molto tempo dopo il suo apparire l’ultima parola sulla conoscenza delle cose, si è infine rivelata inesatta e non è improbabile che lo stesso accada alla relatività, sia speciale che generale. Già oggi alcuni attacchi alla costanza della velocità della luce sono stati mossi e le infinite formulazioni della ‘teoria delle stringhe’, tutte matematicamente plausibili, non trovano riscontro esperienziale. Più che a risposte definitive dovremo –penso– attenerci, come per il passato, al concetto metaculturale dell’arresto.

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