mercoledì 22 maggio 2013

Qualche riflessione propedeutica a una mutazione culturale (xvi)



(da Briccone)
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L’attacco alla Libia è stato effettuato dai soli paesi ex-colonialisti: dalla Francia innanzitutto e, seppure con funzioni ricognitive, dall’Italia. Questo non potrà non suscitare indignazione nel mondo arabo, anche in quella parte che si è dichiarata avversa a Gheddafi. E i voltafaccia non sono un problema nel panorama politico di oggi e di sempre. I rischi che comporta ogni azione di guerra, non sono un mistero e imporrebbero una prudenza che il protagonismo di alcuni governi sembra ignorare. Ancora una volta la prepotenza del pensiero culturale sta mettendo a rischio la nostra sopravvivenza. Certo, quando l’altra parte è la prima a manifestare stupidità e arroganza culturale è molto difficile non fare altrettanto, soprattutto se si è, o si è convinti di essere, i più forti. Quando poi a questa convinzione si assomma quella di essere anche nel giusto, come nel caso recente di Bush, lo scontro diventa pressoché inevitabile. Non possediamo una metodologia che ci permetta di affrontare in forma non aggressiva il caso di dieci posizioni intransigenti nessuna delle quali disposta, per interesse o caparbietà ideologica, a cedere o a trattare, ma, in millenni di guerre, perlopiù ‘sante’, non ci siamo neppure seriamente impegnati in una ricerca, un tempo forse non indispensabile, di soluzioni metodologiche, non belliche, dei conflitti.

Oggi si comincia a intravedere nelle culture, o meglio nella condizione culturale, la causa prima di questa indignazione. Ancor più si stanno conducendo i primi studi approfonditi su questo argomento, da cui dipende non solo il futuro dell’umanità, ma la stessa possibilità che lo abbia, un futuro.

Di questo siamo più o meno tutti convinti, non al punto tuttavia da investire tempo e denaro nella rifondazione planetaria di uno ‘stile di pensiero’ che ci permetta una sopravvivenza relativamente sicura –c’è sempre di mezzo l’imprevedibile umore dei corpi celesti– su questa terra.

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