[Dialogante 2] … ma sai
benissimo di non poterlo fare, almeno
a livello dizionariale, altrimenti non sarebbe stato possibile formulare
neppure questa frase.
[Dialogante 1] Sai
benissimo cosa voglio dire, non facciamoci confondere dalla polisemanticità
della parola.
[Dialogante 2] Certo che ho
capito, ma anche nel senso di ‘dominio’, ‘capacità di condizionare la vita
altrui’, il potere non credo sia eliminabile.
[Dialogante 1] Perché? le
api e le formiche, prototipi di socialità, non lo conoscono…
[Dialogante 2] … subiscono
però il potere, non certo democratico, dell’istinto.
[Dialogante 1] Perché lo
chiami ‘potere’? L’istinto è la manifestazione esterna di una struttura, di un’organizzazione
interna.
[Dialogante 2] Se non
potrebbe il potere essere anch’esso la manifestazione esterna di un’organizzazione
interna alla nostra socialità.
[Dialogante 1] Dici bene:
“… di un’organizzazione interna…”. Ce
ne possono essere delle altre che escludano per esempio l’idea del potere.
[Dialogante 2] Non ne
conosco. Anzi quelle che hanno preteso di spalmarlo, per così dire, sull’intera
società, nei fatti hanno finito per concentrarlo in un punto solo. Quanto poi
agli anarchici, a cui so che andrebbero le tue simpatie con le mie, la loro
utopia si è troppo spesso macchiata di azioni delittuose…,
[Dialogante 1] … così definita
da chi anarchico non era. Sono però d’accordo che il limite invalicabile dell’anarchia
è la vita dell’altro…
… limite che notoriamente il potere non conosce.
… limite che notoriamente il potere non conosce.
[Dialogante 2] E non c’è
neppure bisogno che l’altro muoia; può bastare che si adatti a essere
sfruttato. Se poi per caso dovesse morire è per la sua intrinseca debolezza che
non gli permette di resistere alla concorrenza.
[Dialogante 1] Vedo che
siamo riusciti, senza troppo sforzo, a costruire un ponte verso il concetto di produzione.
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