sabato 27 settembre 2014

Tratta XX.3 (ii) – Potere



 [Dialogante 1]  Altro concetto che mi piacerebbe eliminare…
[Dialogante 2]  … ma sai benissimo di non poterlo fare, almeno a livello dizionariale, altrimenti non sarebbe stato possibile formulare neppure questa frase.
[Dialogante 1]  Sai benissimo cosa voglio dire, non facciamoci confondere dalla polisemanticità della parola.
[Dialogante 2]  Certo che ho capito, ma anche nel senso di ‘dominio’, ‘capacità di condizionare la vita altrui’, il potere non credo sia eliminabile.
[Dialogante 1]  Perché? le api e le formiche, prototipi di socialità, non lo conoscono…
[Dialogante 2]  … subiscono però il potere, non certo democratico, dell’istinto.
[Dialogante 1]  Perché lo chiami ‘potere’? L’istinto è la manifestazione esterna di una struttura, di un’organizzazione interna.
[Dialogante 2]  Se non potrebbe il potere essere anch’esso la manifestazione esterna di un’organizzazione interna alla nostra socialità.
[Dialogante 1]  Dici bene: “… di un’organizzazione interna…”. Ce ne possono essere delle altre che escludano per esempio l’idea del potere.
[Dialogante 2]  Non ne conosco. Anzi quelle che hanno preteso di spalmarlo, per così dire, sull’intera società, nei fatti hanno finito per concentrarlo in un punto solo. Quanto poi agli anarchici, a cui so che andrebbero le tue simpatie con le mie, la loro utopia si è troppo spesso macchiata di azioni delittuose…,
[Dialogante 1]  … così definita da chi anarchico non era. Sono però d’accordo che il limite invalicabile dell’anarchia è la vita dell’altro…
… limite che notoriamente il potere non conosce.
[Dialogante 2]  E non c’è neppure bisogno che l’altro muoia; può bastare che si adatti a essere sfruttato. Se poi per caso dovesse morire è per la sua intrinseca debolezza che non gli permette di resistere alla concorrenza.
[Dialogante 1]  Vedo che siamo riusciti, senza troppo sforzo, a costruire un ponte verso il concetto di produzione.

Nessun commento: