[Le cose che vado scrivendo sono sempre
meno definibili: dagli scritti teorico-didattici tipo Musica prima è, molto
dopo, L’ipotesi metaculturale alle Metaparole, alle Parabole
giù giù fino ai Postini e ora a questi appunti si perde ogni consistenza
argomentativa, il discorso si frammenta in mille rivoli, addirittura appunti
sparsi, solo parte dei quali possono aspirare alla qualifica di ‘aforisma’, la
maggior parte non superando la soglia di un fugace appunto. C’è da domandarsi:
se anche fossero pubblicati, questi brevi scritti – qualcuno potrebbe chiamarli
‘pensierini’– troverebbero dei lettori interessati?
Interessati a che? – visto che non c’è
un argomento a collegarli e ad attirare su di sé l’attenzione. Ci vorrebbe un
lettore disposto a saltare di palo in frasca ma non pretendere da un libro che
qualche spunto dal lavorare in proprio, a libro chiuso.
Ecco il proposito di questi libri: non
tanto di esporre il pensiero di qualcuno –per esempio dell’autore– e neppure di
presentare una successione ‘logica’ di riflessioni su un qualche problema, ma
di dare l’avvio a un pensiero divergente, episodico e, al limite, casuale, ma
pur sempre vigile e unitario nello stile.
I pensieri hanno uno stile?
Alcuni anni fa ho raccolto un certo
numero di riflessioni sui nostri modi di pensare, facendone un volumetto –anche
questo frammentario– del titolo Stili di pensiero, che non esaurisce
certo questi modi, ma ne tenta una classificazione. Una visione tassonomica di
una cosa, così vaga e inafferrabile come il pensiero sembra ed è del tutto
inadeguata al suo oggetto. Ciononostante può spingere un eventuale lettore a
riflettere lui stesso su di esso, un po’ come queste annotazioni o anche i precedenti postini hanno come principale scopo quello di ‘far pensare’.
Esercizi ginnici per la mente, anzi per
il cervello, tanto quanto la ginnastica o una corsa per i campi non sono per
braccia e gamba. E se qualcuno vi troverà qualcosa di più, tanto meglio per
lui.]
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