venerdì 5 settembre 2014

Tratta XVIII.4 – Ideali paleocristiani



[Dialogante 1]  Sicché niente ponti interplanetari, snodi intergalattici, niente migrazioni verso altri ormai più accoglienti mondi…
[Dialogante 2]  … dopo che abbiamo così mal ripagato l’accoglienza del nostro! Non credo però sia questo il nostro problema. Prima di abbandonarci a fantasticherie infantili, pensiamo a rabberciare il nostro rapporto col pianeta col quale ci toccherà bene o male convivere ancora qualche anno.
[Dialogante 1]  Sarebbe opportuno che, oltre che con il pianeta, imparassimo a convivere decentemente tra noi.
[Dialogante 2]  Che cosa intendi per decentemente’?
[Dialogante 1]  Un modo alquanto diverso dell’attuale, un modo che riequilibri le enormi disparità che ancora ci dividono.
[Dialogante 2]  Ideali comunisti, paleocristiani!
[Dialogante 1]  Perché no? Qui tuttavia non è stiamo parlando di idee, ma di progetti concreti.
[Dialogante 2]  L’ultimo dei quali, come sappiamo, è fallito miseramente…
[Dialogante 1]  … fallito forse più nella realizzazione che nel progetto.
[Dialogante 2]  Un progetto che produce al contrario di quanto si propone non è evidentemente un buon progetto…
[Dialogante 1]  … tanto che non mette conto parlarne ulteriormente.
[Dialogante 2]  Occorre un progetto radicalmente nuovo, che per esempio si basi su un diverso percorso analitico.
[Dialogante 1]  Quello di cui constatiamo il fallimento in ambedue i rami in cui si è diviso –il capitalismo e il comunismo– procedeva da un’analisi prevalentemente economica della società, palesemente insufficiente, non si dice a risolvere, ma neppure a impostare credibilmente il problema di una convivenza pacifica tra diversi.
[Dialogante 2]  Secondo te gli uomini sono diversi?
[Dialogante 1]  Sono caduto ancora una volta nella trappola che ci ha portato nella crisi in cui ci stiamo dibattendo. La trappola del verbo essere’. Non siamo o non siamo una certa cosa…
[Dialogante 2]  … non almeno finché non concordiamo da qualche punto di vista, entro quale UCL la consideriamo.
[Dialogante 1]  È l’abbici del pensiero metaculturale, voglio dire di IMC.
[Dialogante 2]  E tu sei sempre convinto che, per risolvere durevolmente problemi, si debba sempre partire da IMC?
[Dialogante 1]  Certo, quel “sempre” e quel “si debba” non depongono a favore di IMC. Diciamo allora piuttosto che ne sono convinto, in attesa di una prova contraria.
[Dialogante 2]  “In attesa” che vuol dire, che questa prova la speri o la temi?
[Dialogante 1]  Nessuna delle due. Credo che IMC possa essere utile sul momento. Il futuro è in grembo a Giove.
[Dialogante 2]  Quindi ripeto la domanda: secondo te gli uomini sono da considerare uguali o diversi?
[Dialogante 1]  Stanti le enormi disparità in cui li abbiamo costretti, ritengo che, almeno per qualche tempo, sarebbe meglio considerarli uguali, se non altro nei diritti e dei doveri statuiti dal contratto sociale.
[Dialogante 2]  Quante cautele, quante precauzioni in ciò che dici!
[Dialogante 1]  Bisogna andarci piano prima di affermare o negare qualcosa.
[Dialogante 2]  Sì, ma mentre andiamo piano, il tempo corre e la decisione non arriva.
[Dialogante 1]  Non è il tempo a correre. Se non siamo noi, sono altre che corrono. E forse domani li supereremo.
[Dialogante 2]  Eccoci ancora nella trappola: non più dell’essere, ma del tempo.
[Dialogante 1]  Ambedue congiurano oggi contro di noi, né noi siamo abbastanza abili da liberarci di loro.
[Dialogante 2]  Io un modo, non per liberarci di loro, ma per addomesticarli, ce l’avrei…
[Dialogante 1]  Lo so, è lo stesso che ho io: la loro relativizzazione.
[Dialogante 2]  Relativizzazione al quadrato?
[Dialogante 1]  No, alla n; [entrambi dialoganti a due] relativizzazione metaculturale

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