[Dialogante 1] Viviamo.
Prendiamolo come un dato di fatto, anche se non come un’ovvietà. Da questo
discende che c’è qualcosa come un ‘diritto alla vita’.
[Dialogante 2] Strana
logica inversa: non ‘dato un diritto, noi lo reclamiamo’, ma, ‘data la vita,
noi ne reclamiamo il diritto’. Nessun altro animale pensa così.
[Dialogante 1] Non sappiamo
se lo pensi, certo si comporta come se lo pensasse: in un modo o nell’altro l’animale
difende la propria vita.
[Dialogante 2] A parte il
fatto che non tutti lo fanno (le api per esempio e gli altri insetti sociali
difendono la loro comunità non se stessi come individui che le parentesi, la
difesa riguarda la vita, non il ‘diritto’ alla vita.
[Dialogante 1] Il diritto
sarebbe quindi una pleonastica aggiunta nostra…
[Dialogante 2] … che spesso
anteponiamo alla cosa stessa: c’è il caso di qualcuno che sacrifica la vita per
il diritto alla vita.
[Dialogante 1] È tipico
della nostra specie corredare i dati di fatto di concetti pertinenti al mondo
delle idee, quasi che questi rinforzassero quelli, mentre è piuttosto il
contrario, che sono i fatti a dare sostanze alle idee.
[Dialogante 2] Così tutti
abbiamo una gamba destra ma non avrebbe molto senso dire che, siccome l’abbiamo,
ne abbiamo anche il ‘diritto’. E dove starebbe questo diritto? nel piede, nella
coscia?
[Dialogante 1] Ritornando
poi al primo di questi ‘diritti’, il ‘diritto alla vita’, il problema non sta
nel riconoscerlo ma nel rispettarlo.
[Dialogante 2] E non ti
sembra che lo rispettiamo?
[Dialogante 1] Direi
proprio di no. E non solo per la scia di milioni di morti che ogni generazione
lascia dietro di sé, ma per il no alla
vita che imponiamo a intere popolazioni pur proclamandone il sì.
[Dialogante 2] Forse il ‘diritto
alla vita’ è inegualmente distribuito tra i viventi. O meglio, siamo noi uomini
ad averlo inegualmente distribuito: niente diritti a quelli che ci servono, e,
anche tra noi, diritti solo a quelli che hanno la forza di rivendicarli, al
diavolo gli altri!
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