lunedì 23 maggio 2011

Un futuro non più nostro

Illustriamo questo postino composto da Boris un anno fa con quest'immagine di Paul Hanna sobre le proteste giovanili con epicentro a Madrid, 21 Maggio 2011

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Ho finito di correggere la prima bozza di La relazione d’aiuto che tanto mi ha dato da fare per tacitare la mia insoddisfazione. E non l’ho tacitata ma solo addormentata, senza però prospettiva di risveglio, almeno non da parte mia anche se sono sempre più convinto che non vi sono altre strade e che qualcuno, più giovane e più capace di me, prima o poi –piuttosto prima che poi– s’incamminerà decisamente su questa che ho appena intravisto. E l’abbiamo intravista tutti, quando –è cosa di questi giorni (Maggio 2010)– per salvare l’Unione Europea abbiamo dovuto ‘aiutare’ la Grecia, il cui fallimento si temeva avrebbe trascinato con sé altri stati, compresi quelli più ‘forti’. Ma l’economia mondiale richiederà probabilmente nuovi e più macroscopici ‘salvataggi’ per salvare se stessa, a cominciare dall’Africa tutta, il cui sottosviluppo minaccia già oggi di travolgere altre economie. E lo stesso vale per le secche di sottosviluppo in Medio Oriente o in Asia Orientale e, come si è visto, anche nella ‘ricca’ Europa, dove la “composizione simmetrica delle diseguaglianze” sembra incontrare qualche difficoltà, al punto che si è parlato e si parla ancora di un’Europa a due velocità… Di una ‘crescita a due velocità’ si parla anche all’interno di alcuni stati, come l’Italia, dove le istanze separatiste della Lega (ma anche della Sicilia), del tutto indifendibili dal punto di vista storico-culturale, si capiscono benissimo se si pensai ai soldi, cioè agli egoismi economici.
D’altronde, se la rete dei rapporti internazionali è basata quasi unicamente sull’economia, l’ “asimmetria delle diseguaglianze scomposte” non può che regnare sovrana, e allora ci si domanda che fine fa la democrazia o forse quando inizieremo a praticarla. Gli attuali modelli di convivenza neppure prendono in considerazione gli effettivi problemi legati alla diseguaglianza o ne cercano la soluzione entro l’unico supermodello del capitalismo concorrenziale. Ci stiamo accorgendo che questo supermodello non ci salverà dall’estinzione, ma la ricerca ormai quasi disperata di welfare ci rende ciechi di fronte a un futuro non più nostro, e forse neppure dei nostri figli.

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