giovedì 5 maggio 2011

T.


[92] Lo caricammo sulla macchina con somma attenzione, quasi pezzo prezioso e fragile di una collezione Venini, e un’ora dopo lo depositammo nell’abitazione che già da nove mesi era sua, ma lui non lo sapeva, e, se anche lo avesse saputo, non gli sarebbe importato niente, giacché non aveva sviluppato ancora il senso di proprietà e persino il piede che vedeva agitarsi davanti ai suoi occhi –neppure lo vedeva– era certo di qualcun altro, che suo non poteva essere, altrimenti non si sarebbe agitato a quel modo, senza scopo e senza controllo come tutto ciò che gli si muoveva intorno, forme indecifrabili, adirezionate, entro uno spazio che condividevano con altre forme, anch’esse insensate e in frenetico movimento, e il tutto non era affatto chiaro se lo riguardasse oppure no, tanto che lui provò a strillare con quanto fiato aveva in gola…

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