venerdì 6 maggio 2011

Th.



[93] L’aria era piena di suoni. Non era chiaro da dove venissero né chi li producesse. Ma l’idea che, visto che c’erano, doveva esserci anche qualcuno che li producesse, quest’idea non l’aveva ancora. Né poteva avercela, anche se gli occhi gli si muovevano come per cercare l’origine –se non la causa– di quella sensazione di benessere che talora, anzi spesso, lo invadeva.
Erano i suoni della Seconda Sinfonia di Mahler, II tempo, che effettivamente sembravano occupare lo spazio un poco alla volta fino a riempirlo tutto. Suoni dolci, nostalgici che gli insegnavano il ricordo prima ancora della conoscenza, e lui li amava senza sapere di che parlassero…
Poi c’erano il “Nein, nein” di tre dame volanti –ma lui non sapeva che volassero– e il ragazzo piumato –ma lui non vedeva né il ragazzo né le penne– che cantava: “Der Vogelfänger bin ich ja”. Per lui, Th., la musica parlava tedesco, con o senza parole, anche se non distingueva ancora chiaramente i suoni che parlavano da quelli che semplicemente risuonavano.

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