martedì 1 febbraio 2011

17. I destinatari


[Il lettore o l’ascoltatore si sarà accorto che in tutti questi dialoghi il destinatario – cui lui stesso è sempre presente in incognito, anzi invisibile. Il dialogo 17 lo riguarda personalmente, anche senza concedergli il diritto di parola. Questo diritto può esercitarlo ugualmente, se vuole, ma la cosa non ci riguarda.]

Quelli che ci leggono o ci ascoltano si sono certamente accorti che, pur non comparendo nei nostri dialoghi, sono loro i nostri destinatari.

E noi, ci siamo accorti di non essere l’uno il destinatario delle parole dell’altro?

Come riceventi siamo finti.E anche come emittenti.

Quando dici noi, chi intendi? noi come postini o come autori dei postini, finti gli uni come gli altri?

Perché finti?

I postini perché, pur essendoci, non sanno né scrivere né parlare, gli autori perché non si sa neppure quanti sono, se uno o molti.

Ma i destinatari, almeno quelli sono veri?

Non fingere, sai benissimo che i destinatari possono non esistere, se non ci sarà nessuno a riceverci.

Insomma, generalizzando, le parole ci sono solo a patto che ci sia chi le pronuncia o scrive o le riceve?

Così pare.

Che fai, diventi socratico?

A chi socratico: a me che sto scrivendo? a ciò che sto scrivendo? a me postino? a me contesto del postino? a me personaggio del postino, finzione d’autore? Sii chiaro.

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