domenica 27 febbraio 2011

Jakob Tsuaf


[121] Lo avevano trovato, ben avvolto in morbidi panni, all'interno di un cassonetto della spazzatura. Sul petto, un cartello con il nome: Jakob Tsuaf. Era evidentemente un bambino straniero, ma non si capiva di quale nazionalità. Jakob rimandava, ma non necessariamente, alla cultura ebraica; Tsuaf non era riferibile a nessuna lingua di uso comune. Dopo molte congetture ci si accorse che Tsuaf non era che il palindromo di Faust e si pensò a uno scherzo. Ma che senso poteva avere uno scherzo sul nome di un trovatello? E che non fosse uno scherzo lo si capì solo molti anni dopo.

Tsuaf fu dato in affidamento a una coppia senza figli, che lo allevò amorevolmente, chiamandolo però solo Jakob. Divenne presto evidente un lieve difetto a un'anca che lo rendeva meno agile dei suoi coetanei, favorendo così la sua propensione per gli studi. A scuola il suo rendimento fu ottimale e intorno ai quindici anni le sue scelte di vita poterono dirsi fatte: esegesi biblica da un lato, la magia nella cultura rinascimentale dall'altro. A ben guardare questi interesse erano già iscritti nel suo stesso nome: Jakob e la sua lotta con l'Angelo, Faust e il suo patto col Diavolo. Del resto il Diavolo non era altro che un Angelo ribelle e la ribellione non ne aveva cancellato la natura angelica, ne aveva soltanto invertito la direzione, come a sua volta lui aveva fatto con Faust. Ed ecco che il nostro Jakob giocava, per così dire, in casa. Di notte, nei sogni, cominciò a interpretare gli eventi della propria vita secondo episodi biblici. Per esempio, la piccola imperfezione all'anca che lo faceva zoppicare divenne per lui la conseguenza della lotta con l'Angelo che il suo omonimo della Bibbia aveva dovuto sostenere al guado di Jabboc. E come lo Jakob biblico cambiò il proprio nome in Israel, così anche lui da quel sogno in poi decise di chiamarsi solo Tsuaf, e concentrò i suoi studi sulla magia di Faust. Considerava sé stesso come anello di congiunzione tra due grandi culture, quella ebraica dell'Antico Testamento e quella moderna procedente dal Rinascimento, attraverso la trasformazione del pensiero magico-alchemico in quello scientifico-razionale

Restava da vedere l'esito di questa trasformazione. Tsuaf ne aveva invertito la direzione. Ma qual'era la direzione da cui era partito? Fin dalle origini il mito di Faust ha due possibili sbocchi, negativo quello tradizionale -rappresentato tra gli altri da Marlow-, che chiude con la dannazione, positivo l'altro -quello goethiano-, che prevede la salvazione dell'eroe. Non è mai stato chiaro quale direzione Tsuaf volesse invertire, quella negativa o quella positiva. D'altronde, se anche ce lo avesse detto, non sapremmo se la condanna di Faust sia da valutare negativamente e la sua assoluzione positivamente, o viceversa.

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