giovedì 24 febbraio 2011

La relazione d'aiuto


Fotografia di Jeffrey Milstein

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Ho finito da poco di scrivere il mio ultimo libro (ultimo, credo, in senso proprio), che però non mi piace, dal titolo –che mi piace ancora meno– La relazione d’aiuto (che sa troppo di istituto di beneficenza), titolo poi integrato dal sottotitolo La composizione simmetrica delle diseguaglianze, pressoché incomprensibile.
– Ma se il tutto non ti piace, perché non lo butti via?
– Perché non trovo di meglio.
– Non ti va bene il progresso?
– Assolutamente no. Se oggi ci troviamo al punto in cui siamo è proprio grazie al progresso.
– Ma non è la prima delle crisi mondiali. Anche nel ’29 …
– … e ne uscimmo come sappiamo. Ma oggi un’altra guerra mondiale ci porterebbe a rischio di estinzione. Ciò che non funziona è proprio l’ideologia della crescita infinita, cioè del progresso. Noi non siamo infiniti, non lo è il pianeta su cui viviamo, non lo sono le sue risorse, non lo è neppure l’universo che ci accoglie, perché dovrebbe esserlo la nostra crescita?
– E allora?
– Più che della crescita dovremmo preoccuparci della sopravvivenza.
– Ma senza crescita non c’è neppure sopravvivenza, ce lo insegnano la storia, la biologia e la teoria dei sistemi complessi.
– Lasciamo perdere la storia … Comunque può darsi che tu abbia ragione, ma che cosa intendi per progresso?
– Un miglioramento di tutte le nostre condizioni di vita.
– Per alcuni o per tutti?
– Per tutti, ovviamente.
– E qui casca l’asino. Fin quando in molti, volenti o nolenti, aiutavano i pochi a vivere meglio, il progresso era possibile (per i pochi), ma da quando anche in molti hanno preteso di parteciparvi, il progresso come modello di crescita è entrato in crisi.
– Sicché per te crescita, progresso, crisi si equivalgono e ci porteranno, presto o tardi, all’estinzione?
– Sì, se non sapremmo governarli.
– Allora c’è una via di uscita?
– Forse, ma ne riparleremo in uno dei prossimi postini.

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