Ieri (9-9), in uno dei molti incontri di preparazione per il progettato
corso di ‘formazione per operatori metaculturali’, abbiamo ripreso il tema
delle competenze che tale operatore dovrà avere, e ancora una volta non siamo
riusciti a stabilirne un elenco soddisfacente. Qualsiasi disciplina
culturalmente definita ci è sembrata esterna al progetto, se intesa
contenutisticamente, come a scuola o nelle università. Un poco meglio sono
andate le cose quando dalle discipline siamo passati alle inter- o
transdiscipline (logica, semiotica, informatica…) ma poi si è visto come anche
queste, nella loro crescente specificazione, hanno ormai assunto uno statuto
disciplinare, del tutto analogo a quello delle discipline tradizionali. Abbiamo
quindi preso in considerazione i presupposti
culturali delle discipline e interdiscipline: su che cosa si basa, a quali
esigenze risponde, che ‘stile di pensiero’
utilizza la tale o la talaltra disciplina. Questo tipo di indagine, certo assai
stimolante, ci è sembrato tuttavia poco adatto ad un corso di base come
vorrebbe essere il nostro. L’abbiamo quindi tenuto in serbo per eventuali per
eventuali fasi future di approfondimento.
Ci siamo rivolti a questo punto, non più agli oggetti del corso, ma agli
strumenti mentali con cui affrontarli, all’analisi
cioè, da noi trattata – teoricamente
e praticamente – in vari ambiti (musicale, visivo, verbale) sia dal punto di
vista culturale che da quello metaculturale, per lo più in associazione al
momento produttivo. Questo
punto non ha presentato per noi particolari difficoltà, data la nostra
pluridecennale esperienza in materia. Ma ci stiamo muovendo ancora alla
periferia di una metodologia effettivamente metaculturale. Ciò nonostante molte
delle indicazioni offerteci da questo approccio possono essere seguite con
profitto anche in un corso come questo che stiamo cercando di progettare.
Abbiamo quindi esaminato una distinzione di cui si legge anche nei progetti
ministeriali: tra sapere e saper fare. Distinzione certo utile in molti
casi, quindi da tenere operativamente presente, ma anch’essa non pertinente al
pensiero metaculturale. A questo momento si è profilata – tipico caso di ‘pensiero
emergente’ – la seguente proposizione:
TUTTE LE DISTINZIONI SONO CULTURALI
con il seguente corollario:
Il pensiero metaculturale non le
riconosce.
Questo non vuol dire naturalmente che non se ne serve. Se non lo facesse,
sarebbe condannato a vivere in un universo indistinto, troppo prossimo a UMC.
Ma non gli assegna un piano conoscitivo di particolare rilevanza.
Procedendo di qualche passo nella stessa direzione possiamo dire che:
Ogni distinzione può essere
metaculturalmente mediata
Una piccola tratta in direzione della pace.]
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