martedì 15 marzo 2016

Tratta XXXVI.5 – Ineluttabilità della globalizzazione


[Dialogante 1]  Vedo che stiamo convergendo sull’ineluttabilità della globalizzazione…
[Dialogante 2]  … come conseguenza della globalizzazione delle esigenze. Se avessimo ciascuno esigenze diverse…
[Dialogante 1]  … non ci sarebbe mercato, non ci sarebbe concorrenza ne monopolio…
[Dialogante 2]  Ci sarebbe l’uniformità della diversità, …
[Dialogante 1]  …e non so cosa preferire, se il troppo uguale o il troppo diverso.
[Dialogante 2]  Appunto credo nella necessità di un preventivo momento di studio che consideri:
A)     La possibilità di divaricare le esigenze.
B)     La pluralità di risposte a ciascuno di esse.
C)     La possibilità di accorpare entro progetti comuni risposte diverse.
[Dialogante 1]  Le difficoltà maggiori penso stiano in C…
[Dialogante 2]  … per cui esistono però modelli già collaudati: i supermercati o le industrie i cui prodotti, pur diversissimi, si basano su un unica materi prima (legno, ferro…) o su unico modo d’uso (prodotti alimentari, abbigliamento…).
[Dialogante 1]  Non vedo chiaramente la differenza con ciò che sta già accadendo.
[Dialogante 2]  Le differenze stanno soprattutto in A e B. Così, per divaricare le esigenze bisognerebbe divaricare le offerte.
[Dialogante 1]  Ma queste sono fin troppo diversificate: siamo sommersi da annunci pubblicitari di prodotti polivalenti, sgrassanti, conservanti, lucidanti, ammorbidenti…
[Dialogante 2]  Per questo ho detto ‘divaricare’, non ‘differenziare’. Si tratta di spostare l’attenzione di un possibile acquirente verso nuovi ambiti di spesa che stimolino anche nuovi interessi. Penso in particolare ai bambini, oggi avviati verso un’uniformità di scelta che spaventa. Non si tratta di tifare per una squadra o un’altra, per una marca di jeans o l’altra. La scelta è la stessa: per l’omologazione consumistica.
[Dialogante 1]  Mi sembra che l’inversione di rotta spetti ai sistemi formativi, in primis alla scuola…
[Dialogante 2]  … che però è strettamente legata al potere politico, che è il primo responsabile del nostro stallo culturale.


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