sabato 6 novembre 2010

SÌ al potere come fattore di regolazione


Questo sì sembra contraddire i molti no che la mia predisposizione all’anarchia ha espresso molte volte contro il potere in quasi tutte le sue manifestazioni. A salvarmi dall’accusa di incoerenza c’è giusto quel quasi, di cui tuttavia non c’è da fidarsi troppo. Così il potere, interpretato dal ‘come’ di questo postino, è lo stesso di quando diciamo il ‘potere della Roma imperiale’ o il ‘potere della classe imprenditoriale’ o il ‘potere della Chiesa Cattolica’? Non è facile distinguere ma conviene cercare di farlo.Leggere di più ... Il potere del Presidente della Repubblica nel nostro ordinamento è certo più simile al potere giudiziario che a quello legislativo delle Camere; il potere di un generale non è lo stesso in tempo di guerra che in tempo di pace; il potere del ‘capo famiglia’ è assai diverso nelle varie culture; il potere della ‘regina’ nella società delle api non ha nulla in comune con l’omonimo concetto in uso presso le società umane. Le parole non bastano a distinguere mentre spesso distinguono dove non serve. Non vanno quindi adoperati fideisticamente, nella convinzione che anche il nostro interlocutore attribuisca loro lo stesso significato che gli attribuiamo noi. E proprio su questa plurivocità (o ambiguità) di fondo si basano sia la ricchezza espressiva del linguaggio verbale sia la sua capacità di mentire pur dicendo il vero. Ne sa qualcosa la giustizia dei tribunali, dove è frequente che un cavillo giuridico condanni un innocente e assolva un colpevole. Ma gli stessi concetti di ‘colpa’ e ‘innocenza’ sono a tal punto labili che la loro applicazione ben raramente (o forse mai) incontra un consenso unanime.
È a questo punto che interviene il potere come fattore di regolazione, un potere al servizio non tanto della giustizia quanto delle regole che dovrebbero rappresentarla. E come mai la debolezza di questo condizionale ci convince a dare l’assenso a una interpretazione del ‘potere’ relativizzata alla instabilità di una ‘regola’?
Più che una risposta, un ulteriore incentivo alla riflessione lo troviamo nel postino precedente. Una regola stabile, assoluta non ammetterebbe che l’assenso incondizionato e renderebbe assoluto anche il potere che l’amministra. E poiché nell’ottica qui rappresentata non hanno luogo gli assoluti, non ci resta che dire sì a un potere non asservito a regole assolute ma fattore di regolazione.

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