[Dialogante 2] Lo stesso o
un altro qualcuno potrebbe chiedere: perché ‘dialoghi’ e per giunta fittizi?
[Dialogante 1] Per la
stessa ragione già detta: perché il dialogo, tollerando molte ripetizioni di
parole, facilita l’esposizione e la inframezza con pause per l’occhio e l’orecchio
che alleggeriscono il lavoro della mente sia di chi scrive sia di chi legge.
[Dialogante 2] Qui però il
dialogo, come dici, è fittizio e non finge neppure un effettivo
contraddittorio, semplicemente alternando le voci in uno stesso itinerario
espositivo.
[Dialogante 1] Anche i
dialoganti non mostrano un’identità personale. Gli stessi interventi si
addicono all’uno come all’altro e più di una volta chi scrive ha scambiato i
simboli per i due dialoganti senza cambiare di una virgola il testo.
[Dialogante 2] Come se il
dialogo fosse in realtà un monologo recitato tra sé e sé.
[Dialogante 1] Un’ulteriore
semplificazione!
[Dialogante 2] Vuoi dire
che di semplificazione in semplificazione non resta nulla?
[Dialogante 1] Non voglio
arrivare a questo. Non si tratta comunque di dialoghi letterari e al lettore
resta il compito di arricchirli con un suo contraddittorio.
[Dialogante 2] Anche lo
scrivente si rivolge di quando in quando direttamente al lettore. A ciò servono
le parentesi (quadre) che si trovano disseminate qua e là tra i dialoghi.
[Dialogante 1] Queste – o
meglio i loro contenuti – tentano di coinvolgere di persona il lettore, senza
infingimenti dialogici, chiedendo il suo parere o proponendogli questioni che
lo scrivente ritiene rilevanti.
[Dialogante 2] La forma
dialogica è così mantenuta, solo che l’uno dei due dialoganti si è fatto da
parte per lasciare il posto a un intervistatore ‘reale’.
[Dialogante 1] Saremmo
molto grati ai lettori se si inserissero nei nostri dialoghi, profittando della
loro struttura aperta e accogliente di buon grado qualsiasi contributo senza
alcuna esclusione preconcetta.
Nessun commento:
Posta un commento