giovedì 19 giugno 2014

Tratta XIV.3 – Una sbandata per una certa Lesbia...





[Dialogante 1]  Ho qui davanti a me una raccolta di lirica latina[1] che da qualche tempo ho ripreso in mano da tempi che vorrei dire trilobitici anche se con quel metro dovremmo considerarli il nostro oggi…
[Dialogante 2]  … mentre dal primo all’ultimo autore della raccolta, cioè da Catullo a Venanzio fortunato passano più di sei secoli.
[Dialogante 1]  (E poi parlano del tempo come se sapessero di cosa parlano!)
[Dialogante 2]  Mi domando se, quando li abbiamo letti nei primi anni Quaranta, li sentivamo già come oggi, dei veri ponti atti a congiungerci con una realtà assai prossima alla nostra.
[Dialogante 1]            Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,

            rumoresque senum severiorum

            omnes unius aestimemus assis.

            Soles occidere et redire possunt:

            nobis cum semel occidit brevis lux,

            nox est perpetua una dormienda.

            Da mi basia mille, deinde centum,

            dein mille altera, dein secunda centum,

            deinde usque altera mille, deinde centum,

            Dein, cum milia multa fecerimus,

            conturbabimus illa, ne sciamus,
            
aut ne quis malus invidere possit,

            cum tantum sciat esse basiorum.[2]
[Dialogante 2]  … Un messaggino di allora. Ma quante ragazze possono oggi dire di avere ricevuto uno simile?
[Dialogante 1]  Sei ingeneroso! Si tratta di Catullo?
[Dialogante 2]  E chi è Catullo? Un ragazzo di quartiere che si è preso una sbandata per una certa Lesbia…
[Dialogante 1]  Una tratta ben riuscita.


[1]             La Lirica Latina, …
[2]             (Catullo, carme 5)
Viviamo, mia Lesbia, e amiamo,

e i rimproveri dei vecchi severi

non stimiamoli tutti neanche un soldo.

Il sole può tramontare e ritornare:

quando cade per sempre la breve luce della vita noi,
dobbiamo dormire una sola interminabile notte.

Dammi mille baci, poi altri cento,

poi altri mille, poi per la seconda volta cento,

poi altri mille ancora, poi cento.

Dopo, quando ne avremo dato migliaia,

confonderemo il conto, per non sapere,

o perché nessun maligno possa invidiarci,

sapendo che esiste un dono così grande di baci.

Nessun commento: