sabato 7 giugno 2014

Tratta XIII.1 – Strutture triadiche



[Dialogante 1]  Soffermiamoci un momento sull’immagine che abbiamo scelto per questo libro, l’immagine della tratta come struttura architettonica finalizzata a congiungere due punti separati fisicamente da uno spazio vuoto.
[Dialogante 2]  Più che vuoto, lo direi invalicabile: potrebbe per esempio essere traversato da un fiume, da una linea ferroviaria, da una valle abitata da scorpioni giganti…
[Dialogante 1]  Potrebbe, questo spazio, essere puramente mentale, è anzi il caso che effettivamente ci interessa, non essendo noi tecnici del genio pontieri.
[Dialogante 2]  Premettiamo, come ipotesi, che qualsiasi punto di uno spazio X possa essere congiunto con qualsiasi altro mediante una o più tratte. Il caso è oggi, nell’era di internet, degli e-mail per non dire di radio e televisione ecc., di realtà domestica. Teoricamente queste tratte non c’è neppure bisogno che siano interne a un determinato spazio, per esempio alla nostra galassia; potremmo inviare ponti elettromagnetici anche in altri universi, o anche riceverne messaggi, solo che avessimo un po’ di pazienza…
[Dialogante 1]  Che aspetto avrebbe un mondo traversato da infinite tratte?
[Dialogante 2]  Le tratte mentali non si vedono, come dal resto anche quelle elettromagnetiche.
[Dialogante 1]  Possono però essere percorse, fisicamente dalla luce o da energie di varia natura, mentalmente dal pensiero e questo non le rende meno reali di un pugno sul naso, posto che lo sia e non solo sognato.
[Dialogante 2]  Supponiamo ancora che con qualche accorgimento tecnico tutte queste tratte divengano visibili, ripeto: che aspetto avrebbe l’universo?
[Dialogante 1]  Penso di un’enorme palla luminosa e compatta.
[Dialogante 2]  Ma perché luminosa?
[Dialogante 1]  Per l’energia che emana.
[Dialogante 2]  E perché compatta?
[Dialogante 1]  Perché riempie tutto lo spazio di cui dispone.
[Dialogante 2]  Ecco di nuovo che fai il finto tonto. Come se esistessero due spazi: quello occupato dal Tutto e quello in cui il Tutto è contenuto, o addirittura un terzo che riceve la luce emessa dal Tutto.
[Dialogante 1]  Non è che faccio il finto tonto; è proprio che siamo ritornati a Parmenide.
[Dialogante 2]  È come se ci fosse il divieto di andare oltre l’uno. Già il due ci pone di fronte a un problema logicamente insolubile.
[Dialogante 1]  Il due è impensabile senza il tre: infatti nel momento che pensiamo genera il tre…
[Dialogante 2]  … così come il tre, pensato, genera il quattro…
[Dialogante 1]  … e il quattro il cinque e così via, all’infinito.
[Dialogante 2]  Non per nulla i matematici hanno inventato l’operatore +1, da cui hanno derivato la serie numerica e financo il concetto di numero.
[Dialogante 1]  Mi domando se già il due non sia stato generato metaculturalmente, cioè per riflesso, dall’uno.
[Dialogante 2]  Se così fosse, avremmo che la riflessione e non il divenire è all’origine di tutte le cose…
[Dialogante 1]  … in una parola, IMC.
[Dialogante 2]  Non è che stai andando troppo in là?
[Dialogante 1]  Dimmi dove comincia il ‘troppo’.
[Dialogante 2]  Temo che cominci già dal due, se lo distinguiamo dal uno.
[Dialogante 1]  Ma la distinzione è la base del pensiero, è già il pensiero.
[Dialogante 2]  Anche l’animale distingue, perfino la cellula, che appetisce certe sostanze, altre ne rifiuta. Forse è già in quel primo appetire o rifiutare che nasce il pensiero.
[Dialogante 1]  Ancora una struttura triadica  appetire/rifiutare/pensare.
[Dialogante 2]  Ricordo che negli anni di Musica prima[1] avevamo inventato un’altra struttura triadica,  diversamente orientata   associo/riconosco/distinguo. Vorrà ben dire qualcosa!
[Dialogante 1]  Non credo.



[1]              Vedi il Volume II delle Indagini metaculturali, [7].

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