lunedì 12 novembre 2012

Pensare con la propria testa


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“Pensare con la propria testa.”

È una massima cui IMC ha dato da sempre il massimo valore, forse non del tutto meritato. Infatti non è facile ricavarla per via diretta dalle definizioni di IMC. La sua ragion d’essere sta piuttosto in una sopravvalutazione dell’individuo, sopravvalutazione che dovrebbe compensare sia la frustrazione del ‘suddito’ sia quella del ‘compagno’. L’indipendenza del giudizio, l’autonomia del pensiero, seppure in molti casi auspicabili, solo in pochi sono realizzabili. E questo non tanto per la tirannia della società quanto per la reificazione del concetto di autonomia. ‘Autonomo’ sarebbe chi si dà da solo le regole di vita e di comportamento pur vivendo in un contesto che non può concedergli per intero questa autonomia. Gli imenotteri sociali –api, vespe, formiche– non la concedono affatto. Homo sapiens come, prima di lui, altri mammiferi adiscono in varia misura a compromessi che limitano la loro autonomia senza tuttavia negargliela del tutto. Nella nostra specie lo spazio concesso al compromesso è massimo e noi vaneggiamo che sia sconfinato e lo chiamiamo ‘libertà’.                                 

“Pensare con la propria testa”: sì, purché la propria testa tenga conto anche delle altre e non pensi di potersi sostituire al loro insieme e forse neppure a una sola di esse.

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