giovedì 3 novembre 2011

Ne vedremo ancora…

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[Nota editoriale: anche se diamo adesso alla luce questo postino, seguendo un criterio di pubblicazione consecutiva, Boris lo ha scritto nel mese di settembre 2010]

L’altra mattina, ascoltando in televisione la consueta Rassegna Stampa, ho appreso che tutti i giornali, quale che ne fosse l’indirizzo politico, aprivano trionfalmente con titoloni a tutta pagina sulla ripresa economica, finalmente avvertibile anche in Italia con l’aumento del PIL. Uno solo, credo fosse il Manifesto, segnalava che questa ripresa della produzione non si accompagnava a una ripresa dell’occupazione né a una crescita dei salari. L’aumento dei guadagni, quello sì, era però immediato. Col tempo si sarebbe visto anche il resto. Per ora non c’era che tirare un sospiro di sollievo.

Per forza –si dirà–: un aumento delle spese avrebbe cancellato i benefici della ripresa! Che quindi è stata avviata dalla compressione del costo del lavoro, cioè all’aumento della povertà. Ovviamente per chi ha poco o nulla, certo non per coloro che, licenziando e trasferendo la loro produzione in paesi con minor costo del lavoro, hanno mantenuto se non accresciuto il loro guadagno. E questo è stato possibile solo alle imprese sostenute da un grande capitale.

Non voglio dire con questo che il capitale provochi le crisi nel proprio interesse, ma credo che, finché il modello capitalistico resterà dominante, di crisi mondiali ne vedremo ancora parecchie e peggiori di questa.

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