martedì 8 novembre 2011

La fiaba della politica (II)

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[Torniamo alle cellulle] II. Per un’altra stranezza, le cellule che dipendevano dal lavoro delle altre venivano considerate dominanti, mentre quelle che di fatto lo erano passarono in sudditanza. Perché il loro ruolo fosse così chiaramente separato da quello delle cellule lavoratrici le dominanti si raccolsero tutte in un solo organo, il cervello che divenne così il supremo regolatore della vita. In lui si concentrò tutto il potere decisionale dell’individuo. [Stiamo nuovamente parlando di persone.] Le azioni concrete venivano ora prefigurate da azioni sono mentali che facevano risparmiare grandi quantità di tempo ed energia alle cellule lavoratrici e, per loro tramite, agli individui portatori. E così il ‘potere’ di questa centrale cellulare crebbe a dismisura, come del resto stava facendo il potere della politica nelle comunità umane. Anche queste si differenziavano in forme in qualche modo affini agli individui –tribù, nazioni, stati–, mentre i rapporti tra loro si sviluppavano secondo modalità analoghe, solo di ben altre dimensioni. Una lite, un diverbio tra individui, era ormai una guerra tra tribù, nazioni, stati con migliaia, milioni di morti, intere civiltà distrutte…

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