venerdì 31 ottobre 2008

Qualcosa sulla scuola

Intervista/dibattito sulla situazione della scuola oggi in Italia in riferimento alle ultime decisioni del Governo (legge Gelmini).
Le piazze sono piene, la protesta continua...Ma contro cosa si protesta?
Cerchiamo di capire qualcosa in più: non solo critiche ma anche proposte.

Intervista audio:


'...chiunque si occupa di formazione sa che una classe di 28 o 29 bambini di otto anni è ingestibile ... già quindici per classe sono troppi, il problema non è solo quello dei soldi ...'

'... a nessuno importa nulla della scuola ... la scuola è rimasta indietro di cento anni dalla realtà di oggi ...'

'... La scuola dovrebbe mettere al primo posto la formazione del pensiero e sviluppare la capacità di servirsene autonomamente, rendendolo libero da ideologie ...'

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao,
ho ascoltato con interesse la discussione sulla scuola, da persona doppiamente coinvolta sia nelle vesti di studente che di docente.
Proprio partendo da quest'ultima esperienza, per la verità modesta e limitata nel tempo, di didatta ambientale nelle scuole medie è nata una riflessione che in parte ho ritrovato nelle vostre parole. A mio modo di vedere i ragazzi oggi dimostrano familiarità coi concetti di effetto serra, buco nell'ozono, inquinamento, CO2 eccetera. A volte mi sono sorpreso di tutti i particolari di cui sono a conoscenza.
Tuttavia questo castello crolla non appena si provi a collegare tra loro le varie nozioni, ad aprire simultaneamente più di un "cassetto" mentale, per cui non è chiaro cosa c'entra la mia consolle all'ultimo grido con il riscaldamento globale, che c'entra il mio rubinetto che perde con l'acqua che è un bene finito, che c'entrano i termosifoni accesi e le finestre aperte nella mia scuola con l'inquinamento, il petrolio con l'approvvigionamento e la distribuzione del cibo...Sfugge il collegamento tra le cose, che galleggiano nei pensieri una vicino all'altra, come Biancaneve e Giulio Cesare appunto, senza che se ne colga l'interconnessione o il contatto con la realtà.
Dicevo della doppia veste...Cogliere la presenza di queste difficoltà, questi limiti, nella mente di quelli che in fondo sono ancora ragazzini può risultare abbastanza comprensibile, oltre che relativamente facile avendo qualche anno più di loro. Il fatto è che capita di notare problemi analoghi nella testa dei coetanei oltre che nella propria...si avverte la mancanza di uno sguardo d'insieme sulle cose, di una mente non infallibile, certo, ma critica. Da qui la personale difficoltà nell'individuare una possibile soluzione, con gli altri come con se stessi.
Nella pratica didattica cerco di non far "calare dall'alto" ai ragazzi delle idee che sarebbero probabilmente destinate a scivolare via presto, bensì provo ad adottare una tecnica maieutica, cercando di porli davanti ai problemi che richiedono di pensare: quando ci si sforza di riflettere su qualcosa è più probabile che rimanga impresso.
Tuttavia questa modalità, pur con le proprie difficoltà, è attuabile in contesti "protetti" come può essere per esempio un'aula scolastica...Come ritagliarsi uno spazio tra le corse di ogni giorno, le mille cose da fare (anche se spesso non ci si interroga sul perchè)?
La strada per imparare e insegnare a pensare sembra ancora lunga e tortuosa.

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti,
sono d'accordo con quanto detto da chi mi precede. Sicuramente la strada per imparare a insegnare ma anche per imparare a pensare è lunga e tortuosa. Nel percorrerla però mi chiedevo qual'e' il ruolo che dobbiamo immaginare per i così detti "mass media" che invadono costantemente la nostra quotidianità?? Insomma una vera riforma dell'istruzione può fare a meno di fare i conti con questi mezzi di comunicazione che così prepotentemente entrano nelle nostre case e "corrompono" le nostre menti? Penso a quella che Pasolini ha definito la nuova ferocia del potere: la banalissima televisione...
V.

Anonimo ha detto...

Al primo commento.

Stai descrivendo proprio il ciclo dell'apprendimento, che molto ma molto schematicamente sarebbe:

A) acquisizione di concetti isolati (se mi accetti una immagine linguistica, acquisizione di lessico)

B) individuazione di collegamenti tra di loro (sempre nel medesimo esempio, individuazione della grammatica)

C) previa costruzione di una massa critica di concetti+collegamenti, applicazione a nuove situazioni (sempre nell'esempio, uso comunicativo, pragmatico).

Il ciclo A+B+C si ripete tante volte, sempre con maggior complessità, ogniqualvolta entriamo in nuovi campi di esperienza (e cresce pure la difficoltà di costruire collegamenti con il bagaglio che già abbimao, anche se ce ne sono opportunità per trasferire da un campo ad altri).

La situazione che descrivi sia nei ragazzi che negli adulti è proprio quella di un ciclo ancora incompleto, insabbiato nella fase A di acquisizione di concetti. La nostra tradizione nozionistica certo non aiuta. E mi immagino che proprio nel campo delle scienze ambientali, dove per definizione tutto è intercollegato dentro al sistema "terra", dove diventa essenziale pensare in cicli anziché pensare linearmente (un altra "cara" tradizione, ahimé), questo diventa veramente un blocco.

In bocca al lupo, quindi! Dovrai pensarci tanto, dovrai fare degli esperimenti. Penso che sicuramente sia necessario, davanti all'indigestione nozionistica, fermarsi dopo aver trasmesso pochi concetti e concentrarsi nell'aiutare gli studenti a scoprire queste interazioni, prima di continuare a ingoiare più concetti.

Nella vita di tutti i giorni, direi che vale lo stesso: non tanto le conferenze, le esortazioni, quanto gli esempi molto concreti, le osservazioni semplici. Nel campo ambientale, dobbiamo giocare spudoratamente la carta della corretteza, della conformità: oggi, in molti ambienti, "risparmiare un po'" fa figo (più per convenzione che per convinzione, ma pazienza). Dobbiamo fare leva insegnando 'trucchi' che portino un ritorno psicologico immediato alle persone: che si senta un pocchetino meglio con sé stessa, che senta pure che sta facendo bella figura con gli altri (esempio di trucco idiota: installare in ufficio una presa multipla tipo ciabatta con un interruttore, in modo che con un solo "clic" alla sera scolleghiamo computer, schermo, periferiche, caffettiera, ecc.). Poi arriverà poco per volta la comprensione, la "grammatica". Ma bisogna partire dalle parole ...

Buona fortuna! Speriamo con interesse il racconto delle tue esperienze.

Saluti,

Anonimo ha detto...

A V.

Sarà dura con i mezzi di comunicazione, penso.

In una piccola parte, dovuto alla conformità sociale di cui sopra, trasmettono un minimo di insegnamenti (che non bisogna trascurare, tutto fa, anche se sono scollegati tra di loro, come giustamente osservava la persona che ha scritto il commento iniziale).

Ma dall'altra parte sono, proprio per definizione di mezzi di comunicazione di massa, assolutamente in balia dei poteri economici, e quindi ripropongono in modo assolutamente acritico le cagate che ci hanno portato fin qua, vale a dire, fino alla soglia dell'estinzione. Attraverso due meccanismi: a) la pubblicità dentro alla quale devono ormai sguazzare permanentemente, perché altrimenti crollerebbero istantaneamente; b)anche attraverso i contenuti "teoricamente giornalistici": e così è come vediamo che fanno una didattica assolutamente conformista e perversa assegnando valori alle notizie, ad esempio presentando come "brutte" notizie l'aumento dei prezzi dell'energia (finalmente!) oppure il crollo delle vendite automobilistiche, e in genere la decrescita della produzione industriale.

I mezzi di comunicazione sono assolutamente sottomessi alla ideologia dominante della nostra epoca, che è il consumismo-produttivismo. E visto che citavi Pasolini, ricorderai cosa diceva della "civiltà dei consumi" ...

Saluti,

Anonimo ha detto...

Salve Anonimo educatore, perchè non legge alla prossima classe che incontra quella parabola: 'Una lampadina, una ciotola d'acqua' e vede che dicono i ragazzi. Ce lo faccia sapere mi raccomando...
Cordiali Saluti
Il Signor A.

Anonimo ha detto...

ho ascoltato un colloquio tra un professore di matematica e uno di lettere. Dicevano: come é possibile che al giorno d'oggi dobbiamo sentirci ancora legati al numero di compiti in classe e al ''congruo'' numero di interrogazioni? possibile che non ci sia una riforma sul giudicare, sul valutare un alunno per quello che riesce a 'essere' e non per quello che sa? dicevano di sentire il bisogno di 'novità'. questo colloquio l'ho sentito io, professore del 2008, ma é avvenuto nel 1964: i docenti che dicevano queste cose erano il mio professore di Matematica e il suo collega di Italiano che in mia presenza discutevano nella mia aula durante la ricreazione. Sono passati 44 anni invano...sono queste le riforme che occorrono, sentiamo il bisogno di nuovi programmi, di adeguarli al mondo reale, di avere più risorse..che tristezza!!

Rigobaldo ha detto...

Caspita, Gianni, 44 anni sono una generazione professionale e mezza.

Sì, siamo alle prese con le medesime questioni. Evidentemente ci sono degli interessi (non voglio fare del complottismo; anzi, sicuramente una parte di noi stessi ci si allinea con quegli interessi, per azione oppure per omissione) che vogliono mantenere questo enfasi sulle nozioni, sulle interrogazioni ecc.
Difficile immaginare che ci siano degli ostacoli tecnici, dopo decenni e decenni che le scienze pedagogiche dicono all'unisono quanto questi metodi siano insufficienti, anzi in buona misura controproducenti.

Vorrei essere ottimista, invece: sicuramente arrivano dei tempi così critici(*) che sarà d'uopo concentrarsi, anche nella scuola, sul pensare.

Saluti,

* Infatti risulta curioso che i mass media continuino a qualificare la presente crisi come "crisi economica", "crisi finanziaria" e via dicendo, quando risulta piuttosto evidente che è una crisi senza aggettivi, di una portata difficile ad esagerare. La posta in gioco è la sopravvivenza.