[Dialogante 2] E questo che c’entra con le tratte? A meno che non vogliamo
ricostruirne una tra noi e gli scimpanzé.
[Dialogante 1] Hai ragione: non c’entra niente.
È solo che mi porto appresso da giorni quella scena di terribile brutalità. E
anche quel mio pensiero sulla ‘bella lezione’, che sa tanto di vendetta.
[Dialogante 2] Consideri ‘punizione’ e
‘vendetta’ una stessa cosa?
[Dialogante 1] E dove sta la differenza? La
punizione non cancella l’azione compiuta, tale quale alla vendetta.
[Dialogante 2] No, ma riequilibra uno scompenso
sociale.
[Dialogante 1] Neppure questo. Non si compensa
uno squilibrio con un altro, sarebbe come curare uno zoppo azzoppandogli anche
l’altra gamba.
[Dialogante 2] Allora che si fa? Si lascia
correre?
[Dialogante 1] No, si riconducono le azioni
compiute alle rispettive responsabilità e si lavora affinché queste vengano
riconosciute da chi quelle azioni ha compiuto.
[Dialogante 2] Tutto questo in astratto. E se le
responsabilità non vengono riconosciute? Non è neppure facile, in certi casi,
attribuirle con certezza. Per esempio nel caso appena riportato una possibile
valutazione dell’atto finale sarebbe ‘eccesso di difesa’, quasi impossibile da
quantificare. E il danno inflitto resterebbe a carico del danneggiato.
[Dialogante 1] La piena giustizia non è di
questo mondo. Buona cose sarebbe se potessimo sperarla in un altro. Mi sia
concesso tuttavia il dubbio. Una cosa però è in nostro potere, e non la
facciamo: bandire la violenza dai nostri comportamenti e dai nostri progetti e,
soprattutto dai modelli formativi nella famiglia e nella scuola.
[Dialogante 2] Ma lo si sta facendo, e da tempo.
[Dialogante 1] Non mi sembra davvero! Anche
l’interrogazione, il voto, la graduatoria, la discriminazione, il ‘merito’ sono
forme di violenza.
[Dialogante 2] Un momento, ora anche tu cadi in
‘eccesso di difesa’. Vedi violenza dappertutto, addirittura sul ‘merito’.
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