domenica 17 febbraio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (xiv)


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La sostituzione di una parola con un’altra non procura in genere grandi difficoltà. Altra cosa è sostituire una procedura a cui per giunta eravamo legati per tradizione. Qui si tratta addirittura di sostituire il meccanismo stesso della tradizione, l’accumulo additivo, con un processo trasformazionale continuo, non più a stati finiti. Per chi è abituato ad ancorarsi a punti fermi, ad articoli di fede, l’improvviso ritrovarsi sul terreno mobile di un relativismo pur mitigato da IMC genera naturali reazioni che non possono essere semplicemente accantonate, anche perché sono inizialmente ben più forti che non le spinte innovatrici, avvertite come destabilizzanti e pericolose, mentre non sono che la premessa di una diversa stabilità fondata sul divenire.

Occorre quindi studiare una metodologia formativa adeguata a questa trasformazione, una metodologia che ci faccia transitare senza scosse dall’era dei punti fermi, delle ideologie e dei principi a una delle ipotesi, della mobilità e del pensiero, della relatività del vero, in breve all’era metaculturale. È una trasformazione in atto già da tempo, forse fin da quando Homo sapiens si è separato come specie dal ceppo degli ominidi, ma sembra che solo ora cominciamo a capire il tipo di pensiero che essa comporta. E le resistenze sono ancora fortissime: evidentemente i vantaggi prodotti dal pensiero culturale erano e sono tali da rendere assai difficile il suo superamento. Prevale il timore che la sua perdita ci destabilizzi irrimediabilmente, quando è vero piuttosto il contrario, come recita l’antica parabola della quercia e della canna. Anche la perdita delle certezze newtoniane non sembra davvero avere indebolito il pensiero scientifico. Grazie ai passi compiuti tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento la scienza ha conosciuto una sorta di stabilizzazione che si è rivelata assai più efficace della precedente. Questa però, a ormai un secolo dal suo proporsi è ancora osteggiata politicamente dal persistere delle ideologie e soprattutto delle religioni, che sono incapaci di riconoscersi nel nuovo corso, il quale, se qualcosa destabilizza, è l’idea stessa del ‘potere’. È opinione del tutto comprensibile che chi il potere ce l’ha, anche se permanentemente insidiato da altro potere, non sia disposto a vederlo dissolversi ai primi raggi di un nuovo sole.

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