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Perché l’evoluzione
dei processi formativi ha privilegiato l’accumulo additivo alla trasformazione
integrativa?
Azzardo una risposta.
Perché il sapere quantificato è acquisibile come un qualsiasi oggetto materiale
e non impegna il compratore al di là dell’esborso di una certa quantità di
denaro: mercificazione del sapere. La trasformazione integrativa richiede
invece all’individuo pensante una partecipazione attiva ben più faticosa e
rischiosa, cosicché chi se lo può permettere è ben disposto a barattare parte
dei suoi averi con la fatica e soprattutto il rischio di acquisire un sapere
che potrebbe rivelarsi inutile o poco redditizio. Il possessore di averi, in
altre parole il capitalista, possiede anche i mezzi per garantirsi contro
eventuali ‘insuccessi’. Inoltre un’abile e poco scrupolosa gestione dell’avere
ne accresce la consistenza quasi per legge matematica. Non c’è quindi da
meravigliarsi se la scelta cada di preferenza sull’accumulo anziché sulla
trasformazione del sapere. E la scuola continua a puntare più sulla
patrimonializzazione di un sapere acquisito che sulla ricerca di nuovi spazi
nei quali impegnare il pensiero anche dei giovani e giovanissimi.
Ma c’è un’altra
risposta possibile. Un conto è gestire un sapere consolidato, verificabile
mediante un semplice confronto col prototipo, un conto è gestire un pensiero
aperto, cosa che richiede una disponibilità alla revisione di concetti
acquisiti ed eventualmente, l’accettazione di nuovi. Il pericolo di veder indebolite
posizioni conquistate spesso con notevole dispendio di energie –questo vale
soprattutto per le università– frena la ricerca del nuovo. Giova peraltro al
rafforzamento di punti di vista di recente acquisizione, e questo è un aspetto
senz’altro positivo della ricerca. Da un punto di vista occupazionale e più
generalmente lavorativo però sono maggiormente avvantaggiati gli enti formativi
che richiedono di più e mettono a disposizione dei ricercatori e degli studenti
maggiori risorse, anche distogliendole da settori considerati più sicuri. Il
rischio viene per lo più compensato dal più alto rendimento in termini di efficienza
e di prestigio. Tutto questo di manifesta ovviamente nel tempo, ragion per cui
si tratta di pianificare sui tempi medio-lunghi e questo vale sia per
l’iniziativa singola che per i progetti coinvolgenti una moltitudine di
soggetti.
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