lunedì 30 gennaio 2012

Pluralità di immagini


Nudo che scende la scala, di Marcel Duchamp (1912)
[339]
L’operazione che il nostro cervello solitamente compie –complice la parola– è la riduzione di una pluralità di immagini all’immagine unitaria di una cosa. Ed è la stessa mente che sa anche scomporre questa immagine unitaria in una pluralità di immagini che interpreta l’occasione come ‘componenti’. Anche queste componenti ricevono una loro individualità come cose, solo se c’è una parola che l’esprime. Altrimenti si fondono e confondono in uno sfondo indistinto che neppure ha un nome o, se c’è l’ha, non è localizzabile, per esempio ‘paesaggio’. Difficilmente diremmo che il paesaggio è una cosa, semmai che è un ‘contenitore’ imprecisato di cose imprecisate.




Non sappiamo come si comporti il cervello degli animali. Di un cane supponiamo che interpreti i dati fornitigli dai suoi sensi suppergiù come facciamo noi, ma già per una talpa resteremmo dubbiosi. Di come vede il mondo una mosca non abbiamo la minima idea. Sappiamo che i suoi occhi sono immobili, ma che la pluralità di immagine che i nostri ci mostrano in rapida successione, grazie alla loro mobilità, nella mosca –e negli altri artropodi– è resa nella contemporaneità dalla pluralità degli omatidi nei loro occhi composti. Se e fino a che punto il cervello degli artropodi è in grado di sintetizzare queste ‘componenti’ in una visione unitaria dell’oggetto non sappiamo. E poi che cos’è per loro un oggetto? Gli serve distinguere una sedia da chi ci sta seduto sopra, un’automobile dai suoi abitanti o anche solo dal volante? Perfino un gatto o un cane non riconoscono un loro simile in fotografia perché non ne percepiscono l’odore, che sappiamo che cosa è per loro un individuo, un essere umano, un animale. Conosciamo il ‘sapere’ di un altro dalle sue reazioni, cioè dalla successione di immagini che ci invia nel tempo. Da un bambino che alla nostra domanda ‘quanto fa 2 + 2’ risponde ‘4’ inferiamo che abbia qualche conoscenza di aritmetica, mentre potrebbe avere solo quella o anche nessuna, se per esempio non facesse che ripetere il suggerimento di un computer. Composizione e scomposizione di qualcosa che riconsidera un ‘oggetto’, così come l’acquisizione di un ‘concetto’, di un ‘sapere’ sono probabilmente prestazioni cerebrali largamente diffuse tra i viventi; come avvengano, se similmente per tutti o come risposte altamente differenziate a stimoli analoghi dell’ambiente non saprei dire.

Nessun commento: