giovedì 19 gennaio 2012

Cerambicidi II

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Io amo i Cerambicidi, ma meno di tanti altri entomologi. E chi sono questi altri? Sono gli allevatori che conservano tronchetti di legno in attesa che un giorno compaia, in uno stato di smarrimento, il Cerambicide del mistero; infatti spesso non si sa quale specie esca dall’allevamento. A parte che io non ho intenzione di fare tanta fatica, preferisco trovare la specie in campagna sui rami abbattuti, sui fiori, per terra, di giorno o di notte al lume della torcia elettrica. Ma il peggio è altrove. Che si può fare in un’Italia oggettivamente sempre più nella categoria del brutto, del desertificato? Gli entomologi ne soffrono, e che fanno? Se ne fuggono all’estero, a caccia. Io non sono d’accordo. Per quanto amaramente temo di dover assistere alla fine entomologica del mio paese. Di Cerambicidi –e tanti altri insetti– ne troverò ogni volta di meno: ciò che si adatta al peggio, che infesta e si antro pizza; non ne raccoglierò, poverini, e mi ostinerò a girare attorno a Roma fra uno sfasciacarrozze, un prato bruciacchiato, uno scarico abusivo, il mefitico dell’atmosfera, i corsi d’acqua spumeggianti di detersivo, le nuvole di moschini, gli ettari incendiati, il rombo degli aerei ed automobili, cosciente che i coleotteri diverranno sempre più rari e temendo di morire con loro.

Fine citazione da Pietro Cosimi: La Collezione d’Insetti – Riflessioni e Fantasie, Roma, 1998.

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