venerdì 10 febbraio 2012

Il compositore e l’uso delle tecnologie…


Pubblichiamo qui un contributo di Emanuele Pappalardo, che divideremo in due post consecutivi.

Di quali strumenti potrebbe servirsi un compositore per coinvolgere emotivamente i ragazzi e stimolare una partecipazione creativa alla realizzazione del brano? Quali stimoli comunicativi ed espressivi può offrire l’inserimento dell’elaborazione digitale in una composizione per voci bianche?

Il compositore e l’uso delle tecnologie come strumenti per l’integrazione di mappe mentali e territori somatici in un laboratorio di musica corale.


Leggere di più ...

Nella domanda che mi viene rivolta due sono i temi principali sui quali cercherò di riflettere: la partecipazione alla costruzione di un oggetto sonoro da parte di un “gruppo vocale” e quanto questo processo partecipativo possa essere funzionale a scopi espressivi e comunicativi.

Come campitura di base è ovviamente presente l’utilizzo delle tecnologie.

La prima parte delle domanda prevede che il compositore entri concretamente nel gruppo coro ossia in un contesto che è già attestato su un qualche livello comunicativo.

Il primo passo consiste nel ristrutturare la rete di legami interni al gruppo in modo che vi sia la possibilità di accogliere l’elemento estraneo (il compositore) con tutto il suo bagaglio di mappe cognitive e somatiche, perché «quando gli individui intraprendono una attività di gruppo con stati emozionali differenti, la situazione si presta all’insorgenza di conflitti, defezioni e comportamenti clandestini. Le diverse emozioni provate dai vari membri di un gruppo riflettono differenti stati mentali e condizionano direttamente il modo in cui viene percepito il mondo e il giudizio sui costi e benefici di un dato comportamento, come la cooperazione o la defezione (…) Le persone felici tendono ad essere più cooperative. Cercare di raggiungere il consenso e la cooperazione generale quando ogni individuo si trova in uno stato d’animo differente è un’impresa particolarmente ardua. »[1]

Steven Mithen giustamente pone l’accento su quanto i differenti stati emozionali –se troppo accentuati– dei singoli membri di un gruppo possono essere di ostacolo alla circolazione della comunicazione. È questo il primo dato che un compositore (ma il concetto può essere esteso a chiunque voglia interagire con un contesto di individui) ha l’obbligo di tenere presente ogni qualvolta decide di coinvolgere nella sua progettualità compositiva (ovvero la realizzazione di un brano) un gruppo di ragazzi (qui parleremo genericamente di ragazzi ma il concetto rimane invariato se parliamo di bambini, adolescenti, adulti, anziani, portatori di handicap etc).

È di rilevante importanza che il compositore abbia la capacità di osservare il gruppo, di ascoltarne i comportamenti, ma non solo quelli del gruppo bensì anche i propri.

Troppo spesso si considera che questo lavoro di osservazione-ascolto/auto osservazione-auto ascolto possa svolgersi esclusivamente su un livello descrittivo, verbale(in genere si usa il termine “mentale”) sottovalutando quanto siano importanti i “territori” somatici oltre che le loro “mappe”. Mithen parlava di “diversi stati emozionali” ma si evince chiaramente come egli consideri le emozioni un puro attributo della mente senza considerarne la radice somatica, il substrato concreto, ossia corporeo e, di conseguenza, quanto questi stati corporei (che possono riassumersi sinteticamente in asimmetrie di tensioni muscolari) siano determinanti nel generarle .

Pertanto prima di impostare qualunque lavoro di “partecipazione creativa” con un gruppo di ragazzi ritengo fondamentale creare le premesse, le condizioni, affinché questa “partecipazione” possa essere autenticamente motivata.

Il concetto di “azzeramento delle competenze” è un concetto fondante della impostazione metodologica e didattica del modello IMC (Ipotesi Metaculturale) al quale Boris Porena ha lavorato, e continua a lavorare, da olte quarant’anni.
Per azzeramento delle competenze Porena intende un particolare atteggiamento che l’operatore culturale di base dovrebbe praticare per favorire un processo comunicativo all’interno di un dato contesto.

Azzerare le proprie competenze non significa che queste vengano obliterate (operazione per altro impossibile) ma che vi sia la disponibilità a relativizzarle, a modularle in relazione al contesto di riferimento. Così come a livello esclusivamente linguistico (mentale?) si rende necessario da parte dell’operatore culturale di base (figura che qui possiamo identificare con quella del compositore) questa tensione verso l’azzeramento delle proprie competenze specifiche affinché queste non costituiscano un ostacolo di natura pregiudiziale (vincolo culturale?) alla comunicazione, penso sia lecito trasferire questo concetto sul piano della concretezza somatica, del substrato concreto su cui poggia qualunque conoscenza autentica.

In che senso può essere lecita questa trasferibilità? Proprio per poter azzerare (ma qui sarebbe più corretto dire ”riequilibrare”) stati tensivi troppo diversificati tra i componenti del gruppo, ossia per poter trovare un comune terreno di dialogo integrando due aspetti della comunicazione, quello linguistico (digitale) e quello somatico (analogico).

Alla radice «l’emozione è una asimmetria della fascia miotensiva. Lo scopo dell’emozione è creare il tono miotensivo della pre-manifestazione. L’emozione è una pre-tensione che fornisce l’appoggio statico al movimento. Si compie un movimento in un determinato stato emozionale. Si parla di pre-manifestazione perché si crea il tono miotensivo nel quale si sviluppa il movimento : la manifestazione è il movimento, l’emozione è la pre -manifestazione perché è il tono miotensivo che sostiene il movimento”» [2] ciò vuol dire che per poter ridistribuire picchi emozionali troppo diversificati, che possono ostacolare un processo comunicativo costruttivo, si può intervenire concretamente sulla fascia miotensiva (ossia sull’apparato cibernetico del sistema ) attraverso il movimento.[3] Ciò crea le premesse affinché possa instaurarsi un terreno di dialogo a partire dalla consapevole valorizzazione del ruolo che gioca il concreto, il somatico, in una autentica comunicazione. Questo processo è di natura analogica e richiede un importante passaggio di traduzione verso il sentimento. L’Io elabora solo codici, quindi il sentimento è la rappresentazione egoica del tono della fascia miotensiva, cioè dell’emozione.

L’Io campiona l’emozione traducendola in sentimento dell’emozione. Questo passaggio dalla dimensione analogica a quella digitale (codici linguistici) è di fondamentale importanza, in quanto l’uomo, in accordo con una lapidaria definizione di G.F. Brunelli, è un “animale con Io culturale”.

Quindi, riassumendo, è di grande importanza, ancor prima di realizzare una specifica progettualità, porre attenzione al contesto e ai processi interni al contesto.

È da questa cura che nasce la possibilità che il prodotto compositivo , per quanto possa essere sperimentale, sia riconosciuto dal gruppo “come parte di se”. Affinché ciò avvenga è necessario che i partecipanti alla costruzione di tale esperienza possano concretamente essere presenti all’interno della composizione, esserne gli elementi costitutivi, i mattoni con i quali viene poi edificato il brano.

Anche se questa presenza è necessaria affinché si realizzi questo fondamentale processo di rispecchiamento, tuttavia non rappresenta di per se fattore sufficiente perché il brano “funzioni”. Occorre che rientri in gioco quella competenza specifica del compositore che, come si ricorderà, abbiamo lasciato, per quanto possibile, prossima all’azzeramento nell’iter laboratoriale. È questa competenza che ora viene chiamata in causa per dare forma agli elementi sonori creati nel laboratorio [4]. Ed è in questa fase che il compositore deve essere in grado di ricorrere alla sua professionalità nel rispetto delle diversità. Il compositore diventa strumento, egli stesso attraverso il suo lavoro, di integrazione per il gruppo.

[prosegue]

Nessun commento: