venerdì 3 febbraio 2012

… è finita l'era…


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Stando a certi film americani, la sola parola ‘politica’ è impronunciabile tra persone per bene. Sinonimo di corruzione, intrallazzo, interesse personale, ha, in questa versione, anche rappresentanti europei, italiani in particolare, ma –e questo è il peggio– è anche il modello preferito da molti paesi in via di sviluppo, anzi già pienamente sviluppate come il Giappone e, oggi, la Cina. Questo non deve però farci dimenticare che proprio in America sono nati i movimenti che più radicalmente hanno contestato quel modello fin dagli anni Sessanta e da molto prima, se si considerano i movimenti di liberazione delle popolazioni di colore e di emancipazione della donna. Più ancora l’America e il mondo devono alle culture che a vario titolo possono dirsi d’avanguardia, anche se, come il jazz, non nascevano con finalità dichiaratamente politiche. Nelle arti figurative l’informale di Pollock ha in sé una carica eversiva che riscatta largamente l’apoliticità dell’americano medio e scuote anche l’Europa. Più sottile l’eversione di Cage che abbatte d’un colpo solo le illusioni razionalistiche della nuova serialità darmstadtiana. Ricordo ancora –ero infatti presente ai Ferienkurse darmstadtiani degli anni 57-58, quando crollarono le ultime resistenze della tirannide seriale– ricordo ancora lo scoramento che prese molti di noi al venir meno dell’estrema propaggine di una struttura linguisticamente vincolante per la musica. Si parlava allora con convinzione di una finis musicae e c’era più d’uno che ipotizzava una musica senza suoni, solo da leggere, addirittura da fruirsi unicamente con il pensiero. Ma con i suoni e la loro fisicità era scomparsa anche la funzionalità politica della musica che si ridusse al compito di celebrare il proprio decesso.

Spesso in passato ci è piaciuto, in nome di un’élite senza più futuro, dimenticare che le Americhe sono almeno due, anche a voler cancellare l’unica ‘vera’, quella delle popolazioni autoctone. Da questa c’è ancora da aspettarsi una voce di effettivo rinnovamento, mentre l’America ‘latina’ ha già iniziato la sua ascesa a modello politico-culturale di portata mondiale. Non resta che stare a vedere. I pronostici lasciano il tempo che trovano. Quale che sia la nostra cultura di appartenenza, è finita l’era in cui era bello avvolgersi nelle sue coperte, con l’illusione che fosse la sola a contare.


Lavender Mist (Nebbia lavanda): Number 1, Jackson Pollock, 1950
Oleo, smalto e alluminio su tela; 221 x 300 cm; National Gallery of Art, Washington, D.C.

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