venerdì 3 novembre 2017

Tratta XLVII (Falene) .6 – Primavere silenziose


[Dialogante 2]  Dovremmo questo punto riprendere il nostro (finto) dialogo sui Lepidotteri, ma, non essendo noi lepidotterologi…
[Dialogante 1]  … e non avendo più altro da dire che non si trovi nei molti bei libri oggi in commercio sull’argomento, ripieghiamo sulla figura del raccoglitore, dell’entomologo dilettante…
[Dialogante 2]  … figura oggi in declino, ma non perché manchi l’interesse per le cose di natura, ma perché mancano ogni giorno di più i soggetti da osservare.
[Dialogante 1]  Le Primavere silenziose di cui parlava Rachel Carson fin dal 1962 [1] sono ormai alle porte. Gli uccelli e gli insettivori in genere sono – almeno da noi – in evidente regresso, semplicemente perché stanno scomparendo gli insetti, e scomparsi gli insetti, toccherà a noi, come affermano da tempo voci autorevoli di biologi e naturalisti in genere [2].
[Dialogante 2]  Ma, se di questa cosa si parla quotidianamente su libri, riviste, perfino su canali televisivi e specializzati in questo senso, se anche l’opinione pubblica comincia a essere sensibilizzata, al punto che non mancano i movimenti, addirittura i partiti che dei problemi ecologici hanno fatto il fulcro della loro attività…
[Dialogante 1]  … come mai i discorsi ufficiali sull’economia, sul nostro futuro non ne tengono conto, tutt’al più vi accennano per poi parlare d’altro? E che cosa sarebbe questo ‘altro’?
[Dialogante 2]  Non certo la salvaguardia della nostra specie, tanto meno della vita tutta, che sembra interessarci solo in quanto produce guadagno a spese di se stessa (e facciamo finta di non accorgercene)…
[Dialogante 1]  … ma allora che cos’è a interessarci più della sopravvivenza? più dello stesso guadagno?
[Dialogante 2 e 1, a due]   Il potere.
[Dialogante 2]  E perché il potere’, che non si mangia e neppure in grado di assicurarci sonni tranquilli?
[Dialogante 1]  Forse è un residuo non metabolizzato dell’istinto di dominanza, funzionale alle specie animali finché si trattava di far prevalere un patrimonio genetico individuale in qualche modo avvantaggiato nei confronti dell’ambiente…
[Dialogante 2]  … e, per estensione, ancora ritenuto ‘superiore’ quando a decretarlo era, non più la ‘natura’ ma la ‘cultura’ e con essa la volontà prevaricatrice di essere ‘pensanti’.
[Dialogante 1]  Se a questo – la prevaricazione cosciente – doveva servire la cultura’, c’è da domandarsi se non sarebbe stato meglio che la selezione naturale se l’avesse risparmiata la nostra società si fosse evoluta in senso egalitario come quelle degli imenotteri (api, formiche…) e come noi uomini avevamo malamente progettato con l’idea comunista.
[Dialogante 2]  Vuol dire allora che la specie umana è un fallimento sia quando si basa sulla concorrenza – nient’altro che un desiderio di prevaricazione (mors tua vita mea) – sia quando predica l’eguaglianza senza neppure riuscire ad attuarla?
[Dialogante 1]  Non dico questo. Penso solo che la cultura dovrebbe cominciare a riflettere metaculturalmente su se stessa senza abbandonarsi passivamente agli suoi consigli. Abbiamo cercato di andare oltre i nostri istinti sottomettendoli ai dettami della cultura; ora dobbiamo superare anche questi ultimi nella riflessione metaculturale. Solo così possiamo sperare di sopravvivere anche alla irriflessa violenza delle culture…
[Dialogante 2]  … giacché la violenza culturale è infinitamente più violenta di quella istintuale. La violenza di un leone cessa con la sua fame. Quella di un orango quando la sua rabbia si è sfogata. La violenza della cultura può durare secoli e costare molti milioni di vittime.
[Dialogante 1]  E così pensi che la nostra salvezza dipenda unicamente dalla nostra capacità di costruire una politica che superi ogni forzatura particolaristica concentrandosi solo su ciò che di giovamento non solo per l’umanità ma per la biosfera tutta.


[1]           Vedi Silent Spring, 1962 – edizione italiana Feltrinelli, 1999.
[2]           

giovedì 2 novembre 2017

Tratta XLVII (Falene) .5 – [Interrompo le Empusa fasciata]


[Interrompo questa sequenza sui Lepidotteri per riferire di una singolare cattura fatta da alcuni ragazzi e portatemi in visione entrò uno spazioso contenitore trasparente parzialmente riempito di foglie e rametti: evidentemente quei ragazzi erano interessati alle cose di natura.
Prima ancora di vederla avevo capito di che cosa si trattava. Che poteva essere un animaletto tanto strano da suscitare l’interesse di ragazzi abituati alla vita in campagna? Evidentemente un’Empusa.
Ed era veramente un’Empusa fasciata quella che avevo sott’occhi, e per giunta allo stadio ninfale. Dico ‘per giunta’ perché in questo stadio l’empusa ha effettivamente un aspetto surreale. Più simile a un vegetale rinsecchito che a un insetto, si dondolava sulle quattro lunghe zampe posteriori, mentre le due anteriori erano disposte – ripiegate su se stesse come un coltello a serramanico – lungo lo stretto torace. Fino qui l’avresti detta una mantide, solo che al posto dell’addome aveva una sorte di informe escrescenza accartocciata che in nulla assomigliava a un normale addome di mantide. E poi c’era la testa che si riconosceva come testa solo in base alla sua posizione in cima al torace. Due strani cornetti facevano pensare a una sorta di diavoletto delle erbe, impressione accresciuta da quelli che sembravano i resti di una mosca o altro insetto ancora incastrati tra le lame – o meglio i denti – del coltello a serramanico. Nell’insieme, un animale per noi graziosissimo, per un insetto suo pari certo terrificante (non so se gli insetti provino qualcosa come il terrore). Avevo visto una volta sola una empusa allo stadio ninfale, mai a quello di insetto perfetto, ma la conoscevo da illustrazioni e soprattutto dal capitolo che il Fabre le dedica nei suoi Souvenirs entomologiques.
Quel giorno ci siamo divertiti a osservare lo strano insetto facendolo camminare sulle dita con quel suo passo incerto e grottesco da Monsieur Hulot [1]. I ragazzi si sono poi detti disposti ad allevarlo dentro quel contenitore, fornendogli regolarmente prede vive e osservando gli stadi successivi del suo sviluppo.]



[1]      Protagonista di una ben nota serie di film degli anni Cinquanta e Sessanta, impersonato dall’attore comico francese Jacques Tati.

mercoledì 1 novembre 2017

Tratta XLVII (Falene) .4 – … altri devastano…


[Dialogante 1]  Non possiamo lasciare questo vasto e interessante ordine senza menzionare, almeno di sfuggita, la sua parte numericamente preponderante, genericamente chiamata dei Microlepidotteri, termine non è scientifico con il quale si è soliti designare un vasto gruppo di famiglie, neppure imparentate tra di loro, comprendente un’infinità di specie, piccole e piccolissimi che vanno sotto il nome di tarme o tignole. Non solo ovviamente amate dai collezionisti, se non altro perché di difficile preparazione. Sono dannose allo stato larvale, assai più di quanto le loro ridotte dimensioni lascerebbero supporre.
Chi non conosce – e teme – la Tineola bisselliella e le altre congeneri, devastatrici dei nostri armadi, o meglio del loro contenuto in termini di maglieria, tessute, pellicce ecc. Eppure non sono loro i nostri peggiori nemici tra i Lepidotteri. Quasi tutti i frutti commestibili hanno i loro specifici ‘vermi’, i vermi non sono ma larve (bruchi) di farfalline capaci di distruggere interi raccolti. Alcuni di questi bruchi (per esempio quelli di Nepticulidi) sono così piccoli da scavare gallerie tra le due pagine foliari nelle foglie degli alberi, altri devastano ogni tipo di derrate alimentari e persino i depositi di cera negli alveari.