venerdì 20 marzo 2015

Tratta XXXII – Valentina – XXXII.1 Perché uno ci sia è necessario che anche altri lo credano



[Il seguente ‘Dialogo fittizio’ è, se così si può dire, ancora più fittizio dei precedenti. Infatti i due interlocutori vi compaiono come persone distinte, nessuna delle quali è Valentina, mentre in una rappresento me stesso.]

[Dialogante 1]  Sicché hai ripreso il lavoro con Valentina?
[Dialogante 2]  Finalmente! dopo un mese di ‘pausa estiva’.
[Dialogante 1]  E ti è mancato?
[Dialogante 2]  Certamente!
[Dialogante 1]  Ma non hai proseguito per conto tuo neppure alcuni degli esercizi che facevi con Valentina?
[Dialogante 2]  Neppure uno.
[Dialogante 1]  E perché? Non te li ricordavi o ti mancava lo stimolo?
[Dialogante 2]  Mi mancava ben più dello stimolo, mi mancava l’elemento principale.
[Dialogante 1]  La persona di Valentina?
[Dialogante 2]  Sì, in quanto alterità attraverso la quale percepivo me stesso.
[Dialogante 1]  Tu ti percepisci attraverso qualcuno che non sei tu?
[Dialogante 2]  Penso che tutti facciamo così.
[Dialogante 1]  E la propriocezione?
[Dialogante 2]  Penso che sia possibile solo con una sorta di sdoppiamento: in un osservato e un osservatore.
[Dialogante 1]  E in genere chi ci osserva e certifica la nostra esistenza non saremo noi, ma gli altri.
[Dialogante 2]  Precisamente.
[Dialogante 1]  Vedo che hai una scarsa considerazione dell’individuo.
[Dialogante 2]  Al contrario, ce l’ho molto alta. Perché uno ci sia è necessario che anche altri lo credano[1].
[Dialogante 1]  Ma che c’entra Valentina?


[1]        Vedi la “Storia del drago che dubitava di esistere”, in [14] Il lago delle storie riflesse, nel Volume V – Applicazioni comunicative delle Indagini metaculturali.


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